Giovedì 5 Giugno 2025
FRUZSINA SZIKSZAI
Magazine

Il lato oscuro del K-pop: le giovani star schiacciate dal dovere di essere idoli

Un fenomeno di massa attorno a cui ruotano cifre da capogiro. Ma le aspettative irrealistiche spesso travolgono le celebrità

La notizia della morte di Moonbin sui media sudcoreani (Ansa)

C’è un problema molto scomodo per l’industria dell’intrattenimento sudcoreano, che ha conquistato con furore anche l’Occidente, una volta pressoché impenetrabile da contenuti non hollywoodiani. Le giovanissime celebrità del K-pop, all’apparenza spensierate e sempre sorridenti dietro le quinte subiscono enormi pressioni e livelli quasi impensabili di controllo sulla loro vita. Una pressione che porta nella maggior parte dei casi a problemi di salute mentale e in alcuni persino al suicidio. Il tema torna attuale oggi, con la morte della star degli Astro, Moonbin, trattata dagli investigatori come caso di sospetto suicidio. Ogni volta che spunta una notizia di una star del pop sudcoreano che si è tolta la vita, si apre una finestra sul lato oscuro dell’industria, che trova le sue radici nella mentalità della società sudcoreana.

L’ascesa del K-pop

Per K-pop si intende ben più di un semplice genere musicale. È un vero e proprio fenomeno di massa, evoluto nell’era dei social media, che gira attorno a idoli ‘prodotti’ a ritmi spietati dall’industria dell’intrattenimento sudcoreano. Non è solo musica: il K-pop è un universo complesso dominato da un’immagine immacolata dei cantanti, che incarnano tutti gli ideali della società sudcoreana in termini di bellezza, talento e successo.

All’inizio degli anni Duemila questo fenomeno ha iniziato a guadagnarsi spazio oltre i confini nazionali. Prima in altre parti dell’Asia, poi pian piano ha ‘contagiato’ anche il mondo Occidentale, che fino a poco fa era piuttosto restio ad accettare modelli di intrattenimento diversi dal proprio. I social media hanno un ruolo chiave in questo processo, che hanno facilitato l’espansione a macchia d’olio dei prodotti di K-pop. Il primo grande esordio è della canzone Gangnam Style di Psy, che nel 2012 divenne il primo video a raggiungere un miliardo di visualizzazioni su YouTube, aprendo così le porte ad altri artisti sudcoreani.

Da allora il K-pop è diventato una forza globale, uno dei fulcri attorno a cui gravitano il mercato discografico e un indotto monstre. Negli ultimi anni, il gruppo più in voga a livello mondiale sono senza dubbio i BTS, supportati da un esercito di fan fedelissimi. E’ stata la prima band coreana a vincere un Billboard Music Award e un American Music Award; inoltre, è stato il primo ad avere un album alla prima posizione della Billboard 200, un singolo in vetta alla Billboard Hot 100 e una nomination ai Grammy Awards. Un successo veramente inedito.

Il costo di essere una star di K-pop

Per molti può sembrare una vita da sogno quella delle celebrità coreane, venerate ormai in tutto il mondo, ma questa percezione non potrebbe essere più lontana dalla realtà. Gli artisti del mercato musicale sudcoreano sono veri e propri prodotti dell’industria, con un’immagine progettata alla perfezione al tavolino. Dietro i gruppi (che sono molto più comuni dei solisti seguendo un’ottica di economia di scala) c’è un mondo di case di produzione musicale, compagnie di gestione degli eventi, distributori di merchandise e servizi, e le famose agenzie di scouting che reclutano le giovani star del domani. Come le Big Tech negli Usa, anche la Corea del Sud ha le sue Big 3: SM Entertainment, YG Entertainment e JYP Entertainment sono le agenzie che dominano il mercato, a cui si è aggiunta recentemente una quarta, Hybe (casa dei BTS).

In cambio della fama mondiale, i cantanti K-pop sostanzialmente trasferiscono il controllo sulla propria vita nelle mani delle agenzie, che fungono da rappresentanti per loro. Queste ‘fabbriche’ di star impongono orari rigorosissimi e un pesante training a coloro che vogliono diventare un ‘idol’.

I cantanti – che diventano anche ballerini professionisti – hanno pochissima autonomia dal punto di vista personale, sociale o finanziario, e spesso non possono decidere nemmeno su cosa mangiare e quanto dormire. Dire di no a un’apparizione pubblica programmata non esiste, e non ci sono scuse per perdere un giorno di lavoro. Ma non solo. Gli ‘idol’ devono stare al passo con gli standard irrealistici di bellezza dell’industria, compito che spesso richiede anche interventi di chirurgia estetica, routine lunghissime e complicate di cura della pelle, nonché una mole eccessiva di esercizio fisico che non ha niente a che fare con la salute, anzi.

Una volta diventati famosi, i cantanti poi devono affrontare l’infinito scrutinio del pubblico sui social, nonché mantenere i ritmi e rispondere alle aspettative irraggiungibili delle agenzie. Non è per caso che nel mondo del K-pop si è creato un problema gravissimo di salute mentale, dovuto allo stress psicologico che subiscono i musicisti. Il tutto è sfociato in una lunga serie di suicidi: Joghyun dei Shinee si è tolto la vita a 27 anni; Sulli a 25 anni; Goo Hara a 28 anni, giusto per citarne alcuni. E ora si sospetta che anche il caso di Moonbin sia stato un gesto estremo.

Sud Corea tra successo e suicidi

Il fenomeno si colloca nel quadro più ampio della Corea del Sud, che registra il tasso di suicidio più alto tra i paesi sviluppati. Nella cultura sudcoreana, il successo e lavorare sodo vengono prima di tutto, anche al costo della salute mentale e fisica dei cittadini, e questa mentalità si estende anche all’aspetto fisico. Secondo la regista americana Kelley Katzenmeyer, che vive nel paese asiatico da oltre un decennio, “nelle metropolitane di Seul ci sono annunci di chirurgia plastica ovunque”. “Per le ragazze di Seul, gli standard di bellezza sono importanti quanto i buoni risultati accademici”, ha raccontato a People Magazine. Poi il fenomeno, ovviamente, è ben più complesso ed è dovuto a una molteplicità di fattori, non solo al perfezionismo. A seguito degli sforzi del governo, il tasso di suicidio nel paese si è diminuito tra il 2014 e il 2017, ma a partire dal 2018 ha ripreso a crescere.