Mercoledì 24 Aprile 2024

Giovani ma classici: difficile essere musicisti

Un pamphlet. Ma si fanno ancora? Su un tema del genere poi: la cultura musicale classica in Italia, la sua chiusura, i suoi problemi, i suoi misteri. E i suoi giovanissimi protagonisti. Ragazzi e ragazze diventati presto adulti, incatenati a doppio filo con uno strumento, messi di fronte a sfide imperiose ed emotivamente impattanti, spinti a dare il meglio, il massimo e di più, da genitori e insegnanti che magari sul loro percorso artistico riversano i propri fallimenti e le proprie frustrazioni. "Ci riuscirai tu per me". Ma per riuscire non basta studiare, bisogna primeggiare, e per farlo serve l’ingozzo, a scapito dei rischi di salute che ogni abbuffata porta con sé.

Da qui il titolo: Farcitura eccessiva di un tacchino, e sue conseguenze, della pianista Maria Cefalà. Una psicopedagogia della formazione classica in Italia, ma a suon di ironia. Protagonisti questi alieni, i musicisti. Che suonano fino a 10 ore di fila ogni giorno fino al rischio di farsi male. Che al primo incontro si sentono dire "va beh, ma di lavoro vero cosa fai?". E a cui è richiesto dare il massimo al Conservatorio e contemporaneamente studiare al liceo e poi all’università. E qui arrivano i dolori. Fatti di corpi maltrattati, ansie da prestazione e spesso nessun aiuto. Perché se dall’esterno i musicisti classici sono alieni e un po’ strambi, all’interno della cerchia, dei problemi non è che si parli granché.

Lo fa questa giovane pianista milanese con ironia e coraggio, lei che ha spinto fino a rompersi, è crollata ed è poi ripartita (un suo bellissimo disco, Discovering Bach, ha inaugurato la sezione classica della Tuk Records di Paolo Fresu). Accendendo un faro su un mondo che dovrebbe essere al centro della nostra cultura e invece colpevolmente teniamo ai margini.

Simone Arminio

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