
La grande pianura disegnata dal Tagliamento, con i suoi terreni ghiaiosi e sabbiosi, restituisce vini dai ricchi profumi, immediati e freschi; le colline nella zona dell’Isonzo, a ridosso del confine sloveno, sono invece caratterizzate dalle marne, terreno calcareo, che donano al vino struttura e complessità che si apprezzano nel tempo. La Grave e il Collio, le due grandi denominazioni del Friuli Venezia Giulia.
“Abbiamo la fortuna di vivere e lavorare su un territorio che ha equilibri propri che si trasmettono nella maggior parte dei vini bianchi, senza particolari sforzi sulla tecnica di lavorazione: qui qualsiasi bianco trova un suo equilibrio e marca bene il suo carattere in maniera naturale”, commenta David Buzzinelli, presidente del Consorzio tutela vini Collio. “Al Collio – prosegue – viene spesso rimproverato di avere troppe varietà, ma se le assaggiamo nel tempo scopriamo che hanno un comune denominatore, avvertiamo in tutte questa pietra focaia e questa salinità che sono il carattere distintivo dei nostri vini. All’inizio il vino spinge molto sulla varietà, ma le nostre bottiglie non hanno la necessità di essere bevute entro sei mesi. Hanno capacità di trascinamento ed è proprio negli invecchiamenti che si sente l’essenza del Collio. Da noi non si beve la varietà, si beve il territorio”.
La sfida di questa nobile e antica denominazione (1964 l’anno di fondazione del Consorzio di tutela), è quella di trovare una propria dimensione e competitività nel mercato attuale, caratterizzato da nuovi territori emergenti sull’onda della ricerca spasmodica di vitigni autoctoni, oltre che dalla crescita bianchista di zone tradizionalmente votate ai rossi. “Sicuramente il Collio lavorerà per avere avere un’identità sempre più forte – afferma Buzzinelli – puntando maggiormente su uve autoctone e su varietà nobili che si erano un po’ perse, come ad esempio il Pinot Bianco. Ma la partita più importante sarà dimostrare come esista un terroir comune a tutti i nostri vini, una caratteristica che emerge negli anni, nelle bottiglie più mature”.
Vino bandiera di questo messaggio è il Collio Bianco, blend di diverse varietà (solitamente tre) riconosciute dal disciplinare, fiore all’occhiello e ‘firma’ delle cantine che lo producono a libera interpretazione dell’enologo. Forse anche troppo libera e per questo il consorzio, tra l’altro assecondando una tendenza già in atto, andrà a stringere le maglie puntando sui vitigni autoctoni. “Metteremo qualche paletto in più, per ottenere maggiore identità territoriale”, conferma il presidente.