Lunedì 29 Aprile 2024

Guerra in Ucraina. "Putin ha sbagliato i calcoli. Il popolo è sempre più infelice"

L’economista russo Guriev sul leader del Cremlino: "Con l'embargo sarà sconfitto"

Putin in abiti di prigione a Colonia in un'opera dell'artista Baumgaertel

Putin in abiti di prigione a Colonia in un'opera dell'artista Baumgaertel

Parigi, 5 maggio 2022 - "Le sanzioni al petrolio e al gas saranno decisive". Parole che suonano come una sentenza, perché a pronunciarle è l’economista Sergei Guriev, una delle menti più brillanti del panorama accademico russo. Prima di riparare a Parigi, dove insegna a Sciences Po, ha avuto a che fare con i protagonisti della Nomenklatura e con gli ingranaggi della Federazione. Fa il ritratto di un Paese lontano dall’immagine retorica, e per certi versi bonaria, dell’orso.

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La Russia di Putin somiglia più a un cane arrabbiato che si morde la coda. Un circolo vizioso innescato dalla volontà di accentrare il potere, che esclude la possibilità di riforme liberali. Di conseguenza l’economia ristagna e vacilla la popolarità del leader, che rimedia organizzando una guerra.

Professore, è questa la dinamica che sta alla base dell’invasione dell’Ucraina?

"Certo. Come nel 2014, quando il Paese non cresceva e il consenso del capo crollava. L’annessione della Crimea invertì la tendenza. Quest’anno Putin ha replicato lo schema, ma ha fatto male i suoi conti".

Quanto hanno fatto male alla Russia le sanzioni?

"Molto. È stata congelata gran parte delle riserve della Banca centrale, sono stati imposti limiti all’importazione di tecnologia, e circa 600 aziende hanno fatto i bagagli. Ciò impedisce a molte industrie di funzionare".

In quali condizioni versa l’economia russa oggi?

"È in atto la più grave recessione dai primi anni ’90. Quest’anno il Pil calerà del 10-11%. Tuttavia, il bilancio statale viene corroborato da un grande afflusso di petrodollari. E il quadro non muterà fin quando saranno mantenute le riserve sull’embargo agli idrocarburi".

Putin ha chiuso i rubinetti del gas a polacchi e bulgari. È una minaccia che può funzionare?

"Nemmeno l’avvertimento dato alla Germania ha spaventato i Paesi europei".

La presidente della Banca centrale, Elvira Nabiullina, si è fatta notare per dichiarazioni contrastanti con la retorica putiniana. Lo impone il suo ruolo o esprime dissenso?

"Le è consentito di farlo, è il suo lavoro. Si può definire dissidente? È abbastanza dissidente".

L’economia può essere il tallone d’Achille dello zar?

"Sì, dovrà fare i conti con un popolo sempre più infelice e disilluso. E non avrà riserve per risarcire le sofferenze economiche che questa guerra e le sanzioni stanno provocando".

Il malcontento può sfociare in un colpo di Stato?

"Putin ha costruito un sistema in cui coloro che gli stanno intorno lo temono e si detestano a vicenda. Ma ciò non lo mette al riparo dal rischio di un golpe".

Secondo gli studiosi di geopolitica, le potenze imperialiste si preoccupano poco dell’economia. È così anche per la Russia di Putin?

"Lui vorrebbe un’economia forte, ma dà la priorità alla potenza dello Stato. La crescita, peraltro, è favorita da istituzioni che garantiscono proprietà, Stato di diritto e concorrenza, e spesso minano i governi autoritari".

Come definirebbe il sistema economico russo?

"Capitalismo di Stato corrotto".

Eppure, all’inizio del suo mandato Putin si presentava come un riformatore.

"Nei primi quattro anni al potere ha portato avanti le riforme avviate prima di lui, ma, una volta consolidato il potere, ha mostrato di preferire il centralismo statale e favorito la corruzione".

Lei è stato consulente del governo. Qual era all’epoca la strategia economica?

"Tra il 2008 e il 2012, negli anni della presidenza Medvedev, si parlava di liberalizzare il sistema. Ma poi di liberale non è stato fatto quasi nulla".

Oggi in Russia si vive meglio o peggio rispetto agli anni del socialismo reale?

"Molto meglio, ma aleggia una sensazione di grande ingiustizia perché si diventa ricchi e si ottengono successi, non in virtù del talento e del lavoro, bensì grazie alle conoscenze e alla corruzione".

L’isolamento condurrà la Russia sulla strada dell’autarchia e dello statalismo?

"Sì, diventerà una grande Corea del Nord".

Il regime di Putin è alla fine?

"Non ancora, ma questa guerra è stata un grande errore di calcolo che ne ha accorciato la vita. La popolarità del presidente diminuirà dopo l’apice raggiunto grazie all’effetto bandiera".

Il conflitto in Ucraina decreterà la fine della globalizzazione capitalista?

"Non credo. In realtà ha rafforzato la solidarietà europea. E mostrerà quanto sia doloroso isolarsi. Ritengo, quindi, che gli effetti negativi della deglobalizzazione di Putin dimostreranno quanto sia importante la buona globalizzazione".