Venerdì 8 Novembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

Una spina nel fianco (nord). Netanyahu minaccia Hezbollah: "Pronti a un’azione potente"

I miliziani islamisti continuano a lanciare razzi su Israele, sale la tensione al confine settentrionale. Il premier: "Ripristineremo la sicurezza". Sparatoria vicino all’ambasciata americana a Beirut.

Una spina nel fianco (nord). Netanyahu minaccia Hezbollah: "Pronti a un’azione potente"

Una spina nel fianco (nord). Netanyahu minaccia Hezbollah: "Pronti a un’azione potente"

Guerra chiama guerra. Mentre stringe la morsa su Rafah, Israele si avvicina ad una possibile incursione in profondità in Libano. A una guerra aperta contro Hezbollah. A confermarlo è il premier Netanyahu, a margine di una visita nella città settentrionale di Kiryat Shmona, nel mirino dei razzi di Hezbollah e colpita dagli incendi dei giorni scorsi, innescati dagli attacchi del gruppo libanese. "Siamo preparati – ha detto il premier – per un’azione molto potente nel nord. In un modo o nel’altro ripristineremo la sicurezza nella parte settentrionale del Paese. Chi pensa di poterci fare del male e che noi resteremo seduti con le mani giunte ha commesso un grave errore". Parole che suonano come un ultimatum.

Gli Stati Uniti si dicono "incredibilmente preoccupati" per il rischio di escalation al confine tra Israele e Libano. "Non vogliamo vedere quell’escalation del conflitto che porterebbe solo a ulteriori perdite di vite umane sia tra gli israeliani che tra i libanesi e danneggerebbe gravemente la sicurezza generale e la stabilità di Israele nella regione e siamo impegnati in intensi negoziati diplomatici, per cercare di evitare che il conflitto si intensifichi oltre ogni controllo", ha detto ai giornalisti il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller. Ma Israele ha la sua agenda e Hezbollah non sembra intimorito dall’ultimatum di Netanyahu. Anzi ha effettuato e rivendicato prima un lancio di missili anticarro contro una batteria antiaerea “Iron Dome“ in Alta Galilea, poi un attacco con droni carichi di esplosivo contro la città di Hurfeish, nel nord di Israele, che ha fatto undici feriti, uno dei quali in condizioni critiche. Ovviamente, la prosecuzione degli attacchi di Hezbollah non fa che aggravare la tensione.

A Beirut intanto c’è stata una sparatoria, dai contorni ancora molto oscuri, verificatasi nei pressi dell’ambasciata Usa in Libano e che ha causato il ferimento di due persone. Un cittadino siriano aperto il fuoco in direzione della cancellata blindata del compound diplomatico americano. Sono intervenuti l’esercito e la polizia. Due persone sono state arrestate, una delle quali è il siriano, rimasto gravemente ferito.

Tsahal, l’esercito israeliano, conferma che siamo a un passo dall’apertura di un nuovo fronte. "Ci stiamo avvicinando al punto in cui dovrà essere presa una decisione, e le forze di difesa sono preparate e pronte per questa decisione – ha detto il Capo di Stato Maggiore, Herzi Halevi – stiamo colpendo da otto mesi e Hezbollah sta pagando un prezzo molto, molto alto. Hezbollah ha aumentato i suoi attacchi negli ultimi giorni e siamo preparati per passare a un’offensiva nel nord. Ci stiamo avvicinando a un punto di decisione". E il ministro della Difesa Gallant, che ieri ha effettuato in volo su un F15, su Gaza e al confine con il Libano, per vedere la situazione dall’alto, conferma e avverte: "Qualsiasi negoziato sugli ostaggi con Hamas sarà condotto solo sotto il fuoco".

Non a caso, con le truppe israeliane ieri attive nel tratto centrale della Striscia e Hamas rigida nelle sue richieste, il negoziato è in un vicolo cieco. Il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani e il capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamel si sono incontrati con esponenti di Hamas a Doha per colloqui su una tregua a Gaza. E in Qatar è anche il capo della Cia, Bill Burns. Ma resta il macigno della pretesa di Hamas di mettere fine alla guerra. E anche la destra religiosa alleata di Netanyahu ci mette del suo. Il ministro della Sicurezza nazionale di Israele, Itamar Ben Gvir, ha annunciato che il suo partito, Otzma Yehudit, "sospenderà la sua partecipazione alla coalizione di governo fino a quando il premier non avrà fornito i dettagli della proposta di cessate il fuoco".

Israele comunque si prepara ad ogni scenario. Il governo israeliano ha aumentato da 300.000 a 350.000 il numero di riservisti che le forze armate possono richiamare. "La decisione non ha nulla a che vedere con la situazione in Libano – ha fatto sapere l’Idf – ma è legata alle operazioni a Rafah nel sud di Gaza che stanno richiedendo più personale del previsto". Ma non è un bel segno.