Roma, 17 aprile 2025 – L’ingerenza dell’amministrazione, con l’aut aut lanciato dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, alle prestigiose università dell’‘Ivy League’, da Harvard alla Columbia, rischia di innescare un esodo di ricercatori dagli atenei americani. Uno scenario in cui oltre il 75% dei ricercatori intervistati da ‘Nature’ (pari a 1200) si è detto pronto a lasciare il paese, la maggior parte con destinazione Canada o Europa. E qualcuno lo ha già fatto.

Un’inversione di tendenza che nel giro di un anno vedrà le università europee competere per attrarre i migliori talenti candidando il nostro paese a terra di ritorno dei cervelli ma anche a meta d’elezione per i ricercatori internazionali. "Quando c’è un attacco all’università, come sta succedendo in questo momento, una reazione naturale da parte di alcuni ricercatori e professori può essere quella di cercare alternative. E per noi come Paese – afferma Francesco Billari, rettore dell’università Bocconi – è importante essere tra le alternative. Dobbiamo cogliere le opportunità, essere un punto di arrivo per chiunque voglia eccellere nella ricerca e nell’insegnamento. Molti dei ricercatori che reclutiamo ogni anno vengono dalle università americane ed è plausibile che ci sarà un’accelerazione. Come reazione ai tagli sui fondi, alcune università hanno, infatti, già detto che l’anno prossimo cercheranno un numero minore di professori. Siamo attraenti in particolare per i giovani che finiscono o stanno per finire il dottorato nelle grandi università americane. Ci aspettiamo più domande di assistant professor e sicuramente saremo pronti a rispondere. Ci sono già dei colleghi che hanno preso contatto con noi per sapere se ci sono opportunità. Ma non dobbiamo pensare di prenderli per fame. Dobbiamo essere in grado di creare un ecosistema che sia attraente e competitivo. Perché altrimenti andranno in Germania, in Svezia, in Francia. Servono salari e condizioni di lavoro adeguate".
Da Milano a Roma, sulla stessa linea anche la rettrice dell’università di Firenze, Alessandra Petrucci e il rettore della Luiss, Paolo Boccardelli. "La decisione di Trump di disinvestire nella ricerca ha innescato una mobilitazione senza precedenti nella comunità scientifica, spingendo molti ricercatori a cercare nuove opportunità in Europa. Un cambiamento di scenario inatteso, che – sottolinea Petrucci – l’Italia dovrebbe cogliere come una grande occasione. È fondamentale che il nostro sistema universitario si attrezzi per valorizzare il talento, trattenere i giovani e attrarre eccellenze dall’estero. Il rischio, altrimenti, è quello di compromettere il futuro del Paese".
"L’Italia e l’Europa hanno oggi la possibilità di creare una vasta area d’eccellenza per la ricerca, per consolidarla maggiormente a livello mondiale, facendo leva sul principio che ha dato vita al mercato unico: la libertà di movimento di beni, servizi, capitali e persone – commenta Boccardelli –. L’attrazione di talenti internazionali è fondamentale, infatti, per consentire ai nostri atenei di continuare a generare sapere e conoscenza ad alti livelli. La proposta della ministra Bernini è un passo in questa direzione, al momento rivolto a ricercatori italiani e stranieri che già lavorano per istituti Ue. Nel caso della Luiss, l’apertura a contributi ed esperienze accademiche internazionali è parte integrante del Dna, grazie al rapporto solido con molte istituzioni di tutto il mondo, incluse quelle americane. In tale contesto, siamo pronti ad ampliare la nostra faculty con colleghi provenienti dall’Italia e dall’estero".