Giovedì 25 Aprile 2024

Ucraina, Segre: "L’indipendenza va difesa. Spero nella pace per Kiev e per l’Europa"

La senatrice a vita sopravvissuta alla Shoah spiega perché non basta la cessazione dei combattimenti. E in Italia? "Non c’è pacificazione se si separano i crimini contro gli ebrei dalla loro matrice politica"

Liliana Segre, 92 anni (Ansa)

Liliana Segre, 92 anni (Ansa)

Milano, 24 febbraio 2023 - La senatrice a vita Liliana Segre è una sopravvissuta alla Shoah, una testimone del male assoluto, una madre, una nonna, "una donna libera e di pace". Nel 1943, a 13 anni, cercò riparo in Svizzera assieme al padre per sfuggire alla furia nazifascista contro gli ebrei. Venne respinta, finì a San Vittore, poi caricata su un treno al Binario 21 della Stazione Centrale di Milano, l’inferno di Auschwitz e il ritorno, unica superstite della famiglia. La sua storia è un pezzo della Storia d’Italia. Liliana Segre ha 92 anni. Da oltre trenta mette la sua vita a servizio della memoria collettiva.

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Sul muro del Memoriale della Shoah è scolpita a caratteri cubitali la parola indifferenza. Cosa vuole dire indifferenza, oggi, senatrice Segre? Rischiamo la rassegnazione?

"L’indifferenza è una tentazione che riaffiora in tutte le epoche. Voltarsi dall’altra parte, dire “non mi riguarda”, conformarsi al senso comune, non alzare lo sguardo dal proprio interesse immediato è sempre la cosa più comoda. Non dobbiamo rassegnarci: la scuola, la cultura, gli esempi che vengono da chi esercita responsabilità politiche e dai personaggi pubblici, se tutti questi diversi ambiti fanno la propria parte la società può essere educata a percepire il disvalore dell’indifferenza".

Difendere il ricordo per evitare l’oblio. Di recente ha detto: "Fra qualche anno della Shoah ci sarà una riga sui libri di storia, e poi nemmeno quella". Come si salva la memoria? La diretta tv con Fabio Fazio è stata seguitissima così come molta eco aveva suscitato la visita al Binario 21 con l’imprenditrice-influencer Chiara Ferragni: i nuovi linguaggi sono la strada per parlare ai giovani?

"I precedenti storici, ad esempio il genocidio degli Armeni, inducono al pessimismo. Ma questo non mi porta a rinunciare. Al contrario, a cercare nuovi alleati, nuove strade. Oggi occorre soprattutto un grande sforzo per uscire dai rituali celebrativi, che non aiutano la trasmissione della Memoria, anzi. L’incontro con Chiara Ferragni è stato molto positivo in sé per la qualità umana della giovane influencer, ma ha anche colpito l’immaginazione dando il segnale che si può uscire dagli schemi".

Nel discorso di apertura del Senato descrisse "l’atmosfera agghiacciante della guerra tornata nella nostra Europa, vicino a noi, con tutto il suo carico di morte, distruzione, crudeltà, terrore...". Quale speranza vede per la costruzione di quella pace "urgente e necessaria" per l’Ucraina invocata anche dal presidente Sergio Mattarella?

"La mia speranza è che si arrivi al più presto ad una pace autentica, che non può essere confusa con la mera cessazione dei combattimenti. Occorre che vengano salvaguardati il diritto internazionale, l’indipendenza dell’Ucraina, un assetto di sicurezza per tutti gli Stati della regione: solo così i popoli europei potranno godere di una nuova, lunga stagione di convivenza pacifica come quella che aveva caratterizzato la gran parte del nostro continente tra la fine della seconda guerra mondiale e il 2022".

Nello stesso discorso, che potremmo definire amaramente profetico, mise in guardia dalla politica urlata "che tanto ha contribuito a far crescere la disaffezione dal voto". I dati sull’affluenza alle elezioni amministrative hanno certificato un crollo verticale della partecipazione. Come può la politica recuperare il contatto con gli italiani?

"Il crollo della partecipazione al voto nelle regionali nella mia Lombardia e nel Lazio è deprimente. Se penso a quanto è costata la conquista della democrazia, mi pare impossibile che 6 elettori su 10 possano rinunciare ad esercitare il loro diritto di scelta. Nel caso delle recenti regionali non penso che abbia influito la politica urlata. Piuttosto vedo l’effetto di una diffusa rassegnazione e di un’incapacità delle forze politiche di rappresentare i cittadini. Di fronte a questa schiacciante maggioranza che lancia un urlo silenzioso – “nessuno di voi mi rappresenta” – ho la sensazione che sia i vincitori sia i perdenti non si stiano mettendo in discussione. Spero di sbagliarmi".

Le parole sono spesso d’odio. Lei, principale vittima degli hater in Italia secondo le indagini sull’antisemitismo in Rete, ha sollecitato "l’assunzione di una comune responsabilità contro l’imbarbarimento del dibattito pubblico, la violenza dei pregiudizi e delle discriminazioni". Che effetto le fa essere bersaglio degli odiatori?

"Per anni ho scelto di ignorare gli odiatori, gli insulti, le diffamazioni, gli auguri di morte. Quando una persona ha attraversato le tragedie della storia, non si lascia impressionare facilmente. Poi però mi sono convinta che proprio per contribuire, nel mio piccolo, ad arginare l’imbarbarimento del dibattito pubblico occorreva reagire. La libertà, per poter essere effettiva, deve essere garantita da regole di civile convivenza. È necessario togliere l’illusione dell’impunità. E dunque da qualche tempo, quando i limiti vengono superati, querelo".

Vive sotto scorta dal novembre 2019: come è cambiata la sua vita? Cosa le manca?

"Come ho spesso avuto occasione di dire, l’assegnazione della scorta all’inizio mi aveva provocato una certa preoccupazione perché temevo di essere troppo condizionata nel mio quotidiano. Col tempo è prevalso il lato simpatico: il rapporto con i carabinieri che mi accompagnano è molto positivo; io li ho adottati come nipoti e loro mi hanno adottata come nonna. La mia vita è stata sconvolta principalmente dal fatto di essere diventata un personaggio pubblico in età così avanzata".

Quale uditorio accolse la sua prima testimonianza ormai più di trent’anni fa? Che ricordi ha di quel giorno?

"Dopo 45 anni di silenzio, feci i primi tentativi di raccontare la mia storia in un gruppo ristretto che si riuniva in una casa privata. Fu Goti Bauer, anche lei sopravvissuta, a convincermi ad accompagnarla a quegli incontri. La prima testimonianza vera e propria fu davanti a una classe di liceo nella scuola delle suore Marcelline a Milano. Era stata la mia scuola dopo le leggi razzialie alcune delle insegnanti erano state mie compagne di scuola e poi si erano fatte suore. Avevo bisogno di sentirmi protetta da un ambiente familiare perché ero in uno stato di profonda ansia: non sapevo se mi sarebbero uscite le parole, se sarei riuscita a controllarmi. Quando mi resi conto che ce l’avevo fatta, fu un sollievo indicibile".

Da pochi giorni è stata ricostituita la Commissione contro l’odio che lei aveva contribuito a far nascere e aveva presieduto: presenterà dei progetti e rinnoverà il suo impegno?

"Mi ha fatto molto piacere che il Senato abbia deciso all’unanimità di costituire anche in questa legislatura la commissione contro lo hate speech, dopo che all’unanimità era stato approvato il documento di indirizzo al termine dei lavori nella passata legislatura. Spero che questa nuova fase possa portare all’elaborazione di proposte operative, soprattutto per quello che riguarda la tutela dei diritti dei cittadini nei confronti delle grandi piattaforme dei social".

Su queste tematiche trova una convergenza ideale con il Governo?

"Dal governo sono giunte varie manifestazioni di disponibilità alla collaborazione. Un paio di settimane fa ho avuto occasione di incontrare il ministro della cultura Sangiuliano, che si è fattivamente adoperato affinché – dopo molti anni di richieste – venisse finalmente installato nella stazione centrale di Milano un “totem” per informare i passeggeri dell’esistenza del “Binario 21”, il Memoriale della Shoah".

Si parla della necessità di una “memoria condivisa” ma l’Italia appare lontana da una pacificazione: basti guardare il 25 Aprile, le foibe, le polemiche perenni sulle cerimonie nostalgiche, i busti di Mussolini conservati in uffici istituzionali...

"Ho già espresso il mio pensiero nel discorso con cui ho aperto la prima seduta del Senato. Penso che sia giunto il tempo della maturità democratica, della coerenza e della fedeltà sostanziale alla Costituzione. Ho molto apprezzato giudizi netti, definitivi, sulle persecuzioni antiebraiche. Ora non si tratta, come qualcuno ha insinuato, di spostare sempre l’asticella più in alto: non è un gioco. Si tratta di non estrapolare quel crimine dal suo contesto, dalla matrice politica ed ideologica che lo ha reso possibile, altrimenti non si capisce più nulla. Le leggi contro gli ebrei arrivarono dopo le disposizioni razziste contro le popolazioni africane, che arrivarono dopo la conquista coloniale dell’Etiopia, che fu preceduta dall’esaltazione della guerra come strumento per restaurare un mitico passato imperiale, e si potrebbe continuare. Sia a ritroso sia in avanti. Quindi non c’è nessun rilancio, c’è sempre la stessa questione: quella del giudizio complessivo sul fascismo".

"L’Italia è un Paese razzista ma sta migliorando", ha detto sul palco di Sanremo la pallavolista Paola Egonu: è così?

"Il razzismo è presente in tutti i Paesi. Probabilmente tra gli italiani è meno diffuso che in altri popoli. Però non ci si deve mai illudere. Dobbiamo ascoltare i “nuovi italiani” che, come ha fatto Paola Egonu, denunciano le umiliazioni, i pregiudizi, l’ignoranza che incontrano. Dai miei tantissimi incontri con i giovani ho tratto l’impressione che nelle nuove generazioni si sia fatta strada una forte coscienza antirazzista. E questo lascia ben sperare".

Ha dei rimpianti, senatrice Segre? E altri sogni da realizzare?

"Mi dispiace avere 92 anni e non poter più girare il mondo; viaggiare era una mia grande passione".