Giovedì 16 Maggio 2024
Marta Ottaviani
Esteri

Polveriera Sudan, la fuga degli occidentali. "Ci sono 250 italiani rimasti bloccati"

Il cessate il fuoco per la fine del Ramadan non regge. Seicento morti, anche un funzionario Onu. Ieri sera una nuova tregua. Il ministro Tajani: “Siamo in stretto contatto coi nostri connazionali”

In Sudan quella di ieri doveva essere la prima di tre giornate di cessate il fuoco. Il Ramadan, il mese sacro del digiuno musulmano sunnita, si è concluso, e dopo quattro settimane di sacrifici, e una di guerra civile, milioni di persone non vedevano l’ora di tirare il fiato. Ma l’illusione è durata poche ore. Quella che doveva essere una giornata di grazia è stata cancellata dalla lotta fra le due fazioni che si stanno contendendo il Paese. Da una parte il capo dell’esercito, generale Abdel Fattah al-Burhan, sostenuto dall’Egitto e dall’altra il leader dei paramilitari delle Rapid Support Forces, generale Mohamed Hamdan Dagalo, considerato uno stretto alleato di Russia ed Emirati Arabi Uniti.

Sudan, il ministro Tajani: "Al sicuro diciannove connazionali. Salveremo anche gli altri"

Polveriera Sudan
Polveriera Sudan

Una sinergia così stretta che la Wagner, la milizia privata guidata dal businessman, noto anche come ‘cuoco di Putin’ Evgenij Prigozhin, sapesse in anticipo dell’inizio dell’ostilità. Secondo fonti diplomatiche sudanesi e regionali, sarebbe stato proprio il corpo paramilitare, molto radicato nel Paese africano a rifornire i ribelli di missili terra aria, che si sono rivelati determinanti in questi primi giorni di quella che è diventata l’ennesima guerra civile. L’unica certezza, al momento è che, in questo conflitto sanguinoso, le spese maggiori le stanno facendo soprattutto i civili. Secondo le Nazioni Unite le vittime a ieri momento erano più di 600. La capitale Karthoum, solitamente caratterizzata da una atmosfera vivace e festosa alla fine del Ramadan, è stata descritta da molti come una ‘città fantasma’, dove l’unico rumore che si sente è quello dei bombardamenti, unitamente a quello degli scontri fra le opposte fazioni. Ieri i miliziani hanno preso d’assalto la residenza a Khartoum dell’ambasciatore francese, ed è stata lanciata una bomba non lontano dall’Ambasciata di Francia.

Il primo giorno della mancata festa, coincide anche con un punto di non ritorno. Fra le vittime, ci sono anche un funzionario delle Nazioni Unite e un cittadino americano. Si tratta, in particolare di un membro dell’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Washington ha cercato di raggiungere almeno una tregua di tre giorni post Ramadan. Fallito questo obiettivo l’evacuazione dei suoi cittadini diventa un’opzione sempre più concreta, perché il conflitto rischia di esacerbarsi. I Paesi dell’Unione Europea e la stessa Bruxelles si stanno muovendo nella stessa direzione. Prima che sia troppo tardi, dal momento che ieri alcune colonne di fumo sono state viste anche vicino all’aeroporto.

In Sudan attualmente ci sono circa 250 cittadini italiani, cento dei quali nella capitale. "C’è una rete di contatto che permette a tutti i cittadini italiani che vivono in Sudan di essere raggiunti – ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani –. Minuto per minuto la nostra unità di crisi segue gli sviluppi della situazione". In serata l’esercito ha annunciato un nuovo cessate il fuoco. Bisognerà vedere quanto reggerà.