
Roma, 25 giugno 2025 - Una situazione delicata, dove le prossime ore saranno fondamentali per comprenderne l’evoluzione del conflitto e dove l’obiettivo non è solo la cessazione delle ostilità, ma anche riportare l’Iran al tavolo dei negoziati. Stefano Stefanini, ambasciatore di lungo corso e consigliere dell’Ispi, ha spiegato perché né a Teheran né a Tel Aviv conviene mettere troppo a dura prova la pazienza degli Stati Uniti.

La situazione è ancora in fieri, ma come interpreta gli aggiornamenti delle ultime ore?
“Tutto dipende da quello che succederà nelle prossime ore. Per il momento mi sembra che la tregua regga. Che Israele e Iran accettino di porre fine agli attacchi reciproci, però, è solo il primo passo, poi devono ripartire i negoziati”.
Regge anche se sono stati lanciati missili subito dopo?
“Che subito dopo la dichiarazione di un cessate il fuoco possano partire degli attacchi è una cosa che può succedere. Soprattutto in Iran, dove la catena di comando, con Khamenei rinchiuso in un luogo segreto, può dare l’ordine di smettere di attaccare dopo alcune ore. Il rischio è se salta anche nelle prossime ore e si riprende come se nulla fosse”.

Cosa prevede, posto che fare previsioni è praticamente impossibile?
“I toni di Trump ci dicono che prima si è molto arrabbiato, poi sono diventati più concilianti. Potrebbe significare che entrambe le parti hanno messo la testa a posto”.
Trump ha attaccato entrambe le parti, ma se l’è presa di più con Netanyahu. Perché, secondo lei?
“Dobbiamo considerare che il consolidamento della tregua e la ripresa di negoziati per Trump sarebbero indubbiamente un successo. Ma la fase è delicata. Il presidente americano ha individuato il momento per mettere entrambe le parti sotto pressione. L’Iran ha la possibilità che i bombardamenti cessino e che forse ci sia anche una via d’uscita per il regime. A Israele ha fatto il favore enorme di bombardare i siti nucleari iraniani. A entrambi non conviene mettere a dura prova la sua pazienza”.
Ammettiamo che la tregua salti. Quali scenari possono verificarsi?
“Se la guerra andrà avanti, ci sono buone possibilità che per l’Iran sia disastroso. Un’invasione non è nemmeno da considerare visto che stiamo parlando di un Paese con 90 milioni di abitanti. Però nella guerra aerea è praticamente indifeso. In una situazione del genere, qualcuno, ma non l’opposizione popolare, potrebbe decidere all’interno che è venuto il momento per un cambio di regime”.
E se regge?
“Se regge, rimane il problema del nucleare iraniano, che è stato leso in modo pesante dai bombardamenti israeliani e americani, ma non è stato eliminato. In caso di negoziato, l’Iran però torna al tavolo molto più debole di quanto non fosse prima e rischia di portare a casa un accordo molto più stringente rispetto a quello che aveva sottoscritto”.
Che idea si è fatto del rapporto fra Trump e Netanyahu? Secondo alcuni analisti il primo è totalmente al traino del secondo…
“Sono due leader molto forti, metterli nell’ottica del burattinaio e del burattino mi pare semplicistico. La mia impressione è che Netanyahu sia riuscito a spingere Trump dove Trump non voleva spingersi”.