Sabato 7 Dicembre 2024
REDAZIONE ESTERI

Il fronte del Libano. Minacce e scontri al confine. Ma la tregua fragile resiste

L’aviazione israeliana distrugge un lanciarazzi di Hezbollah nel Sud. I miliziani: "La liberazione della Palestina resta uno dei nostri obiettivi".

di Aldo Baquis

TEL AVIV

"La nostra vittoria maggiore dal 2006": con queste parole, che si riferivano alla precedente guerra con Israele, il leader degli Hezbollah Naim Qassem ha presentato ai propri sostenitori il significato del cessate il fuoco raggiunto adesso dal mediatore statunitense Amos Hochstein. "Il nemico voleva distruggerci, ma non è riuscito nei suoi intenti, fra cui consentire il ritorno dei suoi cittadini al confine col Libano e di cambiare il Medio Oriente". Ma mentre veniva mandato in onda il messaggio televisivo registrato di Qassem – che ha assunto la guida del suo movimento poche settimane fa dopo l’eliminazione in rapida successione dei suoi predecessori Hassan Nasrallah e Hashemi Sefiaddine – sviluppi drammatici avvenivano in Siria, e non nella direzione che Hezbollah avrebbe voluto. Infatti, con l’entrata in vigore della tregua in Libano, le milizie jihadiste Tahrir al-Sham hanno lanciato una improvvisa offensiva conquistando in poche ore diversi quartieri di Aleppo e infliggendo una bruciante sconfitta al patrono degli Hezbollah, il presidente siriano Bashar Assad. Di fronte a questi sconvolgimenti il Benjamin Netanyahu ha subito convocato una consultazione di sicurezza, ignorando per una volta il riposo sabbatico.

Nel Libano meridionale, ossia nella zona di attrito fra l’esercito israeliano e la popolazione civile sciita all’interno della quale opera Hezbollah, la tregua sostanzialmente resiste, malgrado una serie di incidenti locali fra cui la distruzione da parte dell’aviazione israeliana di un lanciarazzi dei miliziani sciiti. "Le nostre forze – ha detto il generale Uri Gordin, comandante della zona militare nord di Israele – restano nel Libano sud. Sono impegnate a distruggere le infrastrutture degli Hezbollah nei villaggi libanesi di confine e a rispondere col fuoco alle loro infrazioni degli accordi". Secondo Gordin è ora possibile iniziare le riparazioni dei fortini israeliani colpiti dagli Hezbollah e la ricostruzione delle infrastrutture civili nel nord di Israele.

Anche nel Libano sud prevale una grande voglia di tornare alla normalità. Il quotidiano filo-Hezbollah al-Akhabr ha mostrato ieri in prima pagina le code di automobili che da Beirut si dirigevano verso Tiro e Sidone, nel sud. "Mentre le bandiere degli Hezbollah sventolano in Libano – ha affermato lo sceicco Qassem – proprio gli israeliani hanno dovuto alzare bandiera bianca". Rivolgendosi all’opinione pubblica interna ha auspicato che adesso il Libano possa conoscere un periodo di crescente stabilità: sia mediante la cooperazione fra l’Esercito nazionale libanese e i miliziani degli Hezbollah, sia con l’elezione di un nuovo presidente. A chi accusava il suo movimento di aver abbandonato Hamas lo sceicco Qassem ha ribadito che "la liberazione della Palestina resta uno dei nostri obiettivi".

Intanto però in Siria la situazione sta evolvendosi in maniera negativa per le forze sciite (Hezbollah e Iran) che sostengono Assad. Ieri le milizie jihadiste (sostenute dalla Turchia) hanno esteso il controllo su un’area compresa fra Idlib ed Aleppo. In questa offensiva hanno conquistato il ‘Centro di ricerche scientifiche’ dove – secondo Israele – la Siria produce armamenti avanzati, e forse anche armi non convenzionali. Da Idlib un portavoce dei miliziani ha ringraziato Israele per aver indebolito l’asse Iran-Hezbollah. Questi sviluppi vengono adesso seguiti con attenzione da Israele, che da anni lotta sistematicamente contro le forniture di armi dalla Siria verso gli Hezbollah.