Marco Tarquinio, classe 1958, giornalista cattolico e candidato pacifista nella circoscrizione Centro: si è trovato più isolato o benvenuto nella lista Pd?
"Il Pd è un partito faticoso. Pieno di persone meravigliose, che ho incontrato percorrendo la mia circoscrizione. E di giovani, anche in ruoli dirigenti, che mi hanno impressionato in positivo. L’accoglienza che mi è stata riservata da alcuni, dal popolo della pace, dai cattolici che guardano con interesse alla proposta dem, mi ha fatto capire che il voto darà responsi importanti".
La contesa tra i dem è serratissima. Non la preoccupano i giochi di preferenze?
"Se non venissi eletto sarebbe un evidente segnale di rifiuto. Se venissi eletto bene significherebbe invece che c’è tutto un mondo, anche esterno, pronto a instaurare un dialogo col Pd sulla base di argomentazioni forti inerenti la visione economica e politica: voti dei cattolici e della sinistra che son stati alla finestra anche rispetto alla novità della segreteria Schlein".
Cattolici che di questi tempi guardano da sinistra rispetto all’area laica socialista?
"Ho incontrato tanti pezzi di sinistra democratica che manifestano la medesima insoddisfazione dei mondi cattolici verso la precarietà e l’insicurezza generate dal capitalismo finanziario. E che hanno la stessa aspirazione per un altro solidarismo, non un riformismo purché sia. C’è spazio nel Pd per un lavoro di forte proposta democratica per il nostro tempo nella tradizione cristiana e social-comunista".
E l’inerzia dem sul piano inclinato dell’escalation bellica?
"Non vedo più inerzia, ma un’azione in corso per realizzare una conferenza di pace con tutte le parti coinvolte intorno al tavolo con l’Europa in un ruolo chiave, insieme anche alle grandi potenze globali".
Al dunque finora la Nato si è sempre imposta sull’Europa...
"La dottrina Stoltenberg, socialista a sua volta, ci porta allo scontro e al rischio dell’apocalisse, nel senso della guerra tra Russia e Paesi Nato".
Invece "superare" la Nato sarebbe davvero una via percorribile?
"Non si fa in un giorno, ma va fatto. Nell’ottica del federalismo europeo, l’unione di difesa è una priorità insieme a quella politica e fiscale. Avviare da subito la difesa comune, con un efficiente braccio militare non offensivo e uno civile nonviolento, significa spendere meno ma meglio: costituire un’alleanza difensiva come strumento di un’Europa potenza plurale e non imperiale. E alleata in quanto tale con gli Usa".