Roma, 11 giugno 20224 – Il responso delle urne per le elezioni europee è chiaro su vari aspetti. Innanzitutto, la maggioranza e la leader del governo si sono consolidate. Tutte e tre le forze politiche principali possono vantare un incremento nelle percentuali di voto rispetto al 2022. Nella narrazione pubblica questo sarebbe avvenuto grazie alla divisione del lavoro tra la postura moderata di Forza Italia e quella aggressiva-sovranista della Lega. In realtà entrambi i partiti hanno guadagnato soprattutto al Sud, in territori circoscritti, per effetto di successi dovuti all’apporto di ceto politico locale. Ma questo non cambia la sostanza. La coalizione vince e non è in discussione, la presidente del Consiglio tanto meno, avendo attenuto l’atteso plebiscito personale in voti di preferenza e percentuali per il suo partito vicine alle aspettative più rosee.
Possono festeggiare anche Avs e il Pd. Come FdI, crescono in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale. Ma, soprattutto, la distanza tra Pd (24%) e M5s (10%) annichilisce le attese di Conte di tornare alla guida del campo largo... che, tuttavia, non ha una guida. Il Pd va bene ma non va benissimo la sua leader. Il confronto in consensi personali, cercati attraverso la candidatura, è impietoso non solo con Giorgia Meloni, ma con vari altri candidati Pd, a cominciare da Decaro, Bonaccini, Strada, Annunziata, Gori. Mentre la segretaria prende circa 157.000 al centro, loro ne ottengono multipli nelle altre circoscrizioni. Si tratta, beninteso, del riflesso di due diversi modelli di partito, con pro e contro. Gerarchico e scheletrico nel caso di FdI, plurale e intessuto di una fin troppo densa rete di professionisti della politica il Pd.
I Cinque Stelle vedono dimezzati i loro consensi al Sud, con elettori che in larga parte rifluiscono verso l’astensione, con l’eccezione ragguardevole e istruttiva di Bari e della Puglia, dove l’ormai ex sindaco Decaro riesce ad intercettarne una buona parte, facendo davvero la differenza. Il mai nato terzo polo (Azione, Italia viva, +Europa), che avrebbe potuto aspirare, messo insieme, a un risultato a due cifre, si suicida per effetto di conflitti tra egocentrismi che richiedono per essere interpretati categorie psicoanalitiche più che politologiche. Anche in questo caso, la sconfitta è attenuata grazie ai risultati positivi registrati in porzioni ben identificabili del territorio meridionale, cioè in Campania e Basilicata.
Nel complesso, si è ridotta la frammentazione, sia nel senso che si è ridotto il numero e il rilievo delle liste minori (disincentivate dalla soglia di sbarramento), sia nel senso che i due maggiori partiti sono entrambi cresciuti. La stima dei flussi effettuata dall’Istituto Cattaneo su 15 grandi città, distribuite da Nord a Sud, ha mostrato da dove sono arrivati i voti che hanno decretato il loro successo. Con una certa regolarità FdI ha beneficato del sostegno di elettori che avevano votato per FI e Lega, così come il Pd di ex elettori del M5s e di Avs. Entrambi, inoltre, hanno intercettato elettori del mai nato Terzo polo, logorato dalle sue divisioni interne.
Al contrario delle attese, dunque, pur in elezioni regolate da una legge proporzionale, è tornato un bipolarismo ordinato intorno ai due contrapposti partiti maggiori. Rimane l’asimmetria tra una maggioranza più coesa e una opposizione difficile da ricucire; tra un partito con una leader “sola sopra ineguali” e un partito di opposizione con una leader che stenta a emergere, tra diverse figure influenti che prima o poi, anche se non si dice, potrebbero metterla in discussione.