Siamo passati dall’"andrà tutto bene" di marzo all’"andrà come in tutta Europa" di ieri (il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri in un’intervista al Corriere). Andrà come in tutta Europa, cioè – scusate il francesismo – un bel casino. I contagi schizzano, qualche ospedale comincia a essere in difficoltà, insomma il timore è quello di rivivere i giorni bui di questa primavera. Sembravamo esserne usciti, e invece. Ma com’è potuto succedere? Azzardiamo tre risposte. La prima è che abbiamo abbassato la guardia troppo presto. Dopo la riapertura, siamo stati cauti per un paio di mesi. Poi, a partire da luglio-agosto, liberi tutti.
Da un punto di vista formale, cioè dal punto di vista dei decreti del governo, poco è cambiato dalle riaperture di maggio. Certo, è ripartita la scuola. Ma per quanto riguarda le aziende, i ristoranti, i bar eccetera, siamo alle regole fissate a partire dal 18 maggio. Solo che – ricordate? – in quei primi giorni di libertà quando si entrava in un ristorante ci si muoveva circospetti e sospettosi, ci si accomodava su tavolini a due posti con tovaglie di plastica che sapevano di Amuchina, camerieri in mascherina domandavano il numero di telefono e, alle coppie, un "siete congiunti?" da anni Cinquanta. E così nei bar. E così nei negozi. Perfino quelli della movida non sbracavano più di tanto. Compressi com’eravamo, in agosto abbiamo mollato tutto di colpo, e ora ne paghiamo il conto.
Anche perché – seconda risposta – non è più di moda studiare la storia. La quale ci avrebbe insegnato, come ha detto ieri al nostro giornale il professor Giorgio Cosmacini, che tutte le epidemie hanno più ondate, e durano in genere un paio d’anni. Salvo imprevisti, ha aggiunto. E qui veniamo alla terza risposta, che è la più approssimativa e incerta, ma anche la più vera. Alla domanda su come mai il virus è tornato, dobbiamo anche balbettare un "non lo so". Perché la storia, come la vita di tutti noi, è appunto un susseguirsi di imprevisti. E quindi affrontiamo questo “bel casino” con tutto il rigore possibile (sperando che il governo prenda le decisioni giuste), ma sapendo anche di dover vivere l’imprevedibile. Il quale non è poi detto che sia brutto. Per il momento, infatti, all’aumento dei contagi non corrisponde l’aumento di ricoveri che scattava, automatico, in primavera. Speriamo. Nel frattempo, torniamo a combattere: con un nemico, però, che conosciamo un po’ meglio.