Mercoledì 24 Aprile 2024

Giannelli (Anp): “Cronica assenza di insegnanti di sostegno. Basta concorsi, dare alle scuole la possibilità di assumere”

Il presidente dei presidi: “L’origine del problema è il numero chiuso nelle scuole di specializzazione”

Antonello Giannelli

Antonello Giannelli

Antonello Giannelli, presidente dell’Anp (Associazione nazionale presidi italiani), in Italia c’è una cronica assenza di insegnanti di sostegno. Gli alunni con disabilità sono 207 mila e i docenti 207 mila. Perché? “Perché manca un numero congruo di insegnanti specializzati di sostegno. Quindi c’è una continua rincorsa a questo personale che poi si concretizza tramite sanatorie o reclutamenti un po’ affrettati”. A cosa è dovuto questo fenomeno? “Il problema è che c’è il numero chiuso nelle scuole di specializzazione che rilasciano il titolo. I docenti di sostegno, oltre a essere laureati nella materia, devono infatti conseguire un titolo di specializzazione in sostegno. Il problema è che abbiamo più posti di sostegno di quanti insegnanti specializzati abbiamo a disposizione. Quindi, c’è un problema di inadeguata programmazione o meglio di inadeguato raccordo tra il fabbisogno lavorativo delle scuole e la programmazione da parte delle università. Un dislivello endemico che va avanti da molti anni”. L’insegnante di sostegno è ritenuto un lavoro dequalificante? “No, anzi. Proprio perché richiede un titolo di studio in più prevede competenze specialistiche qualificate. Il punto è che serve anche una totale dedizione a questo tipo di attività, e quindi al ragazzo con questo tipo di disabilità, diversa dall’approccio di un docente che insegna una comune disciplina e che ha solo i problemi quotidiani dell’insegnamento”. Ma a volte viene ritenuto un ruolo scappatoia? Solo un docente di sostegno su tre ha una formazione specifica… “E’ molto più facile entrare nel corpo scolastico come docente di sostegno e, purtroppo, molti docenti che non sono particolarmente interessati o votati per questa attività, pur di conseguire un posto di lavoro, accettano di lavorare come insegnanti di sostegno e poi, appena possono, chiedere il passaggio di cattedra a altre materie”. Cosa può fare il ministero dell’Istruzione? “Come spesso capita esistono problemi che non sono risolubili da un solo soggetto istituzionale. Il ministero dell’Istruzione naturalmente gestisce il reclutamento di questi insegnanti, ma se non ce n’è abbastanza, il ministero non se li può inventare. Serve un coordinamento e una programmazione congiunta, insieme all’università, per far specializzare il numero di persone sufficienti a ricoprire i posti richiesti”. Soluzioni fattibili? “Bisognerebbe passare a tutt’altro sistema: attribuire alle scuole la possibilità di assumere il personale che serve loro come si fa peraltro in quasi tutti i paesi esteri. Siamo solo noi e pochi altri Paesi che manteniamo una organizzazione basata sui concorsi centralizzati che non sono riusciti nei decenni a coprire il fabbisogno necessario. I numeri della scuola sono così elevati che gestire in modo centrale le liste e le procedure di reclutamento si è rivelato inefficace. Il settore scuola ha circa un milione di posti di lavoro. Ogni anno in pensione vanno circa 30-35 mila persone, e non si riescono a fare concorsi per 30 mila posti l’anno. Se invece si dividesse questo fabbisogno sulle 8 mila scuole italiane, anche 40 mila posti, diviso 8 mila, fa cinque. Quindi in ogni scuola si dovrebbe assumere solo 5 persone, cosa fattibile. Sarebbe una soluzione strutturale al problema”.

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