TRA 600 E 700 MILIARDI di euro. È la montagna di risparmi posseduti in Italia da due generazioni di italiani che fanno sempre più gola all’industria del risparmio. Stiamo parlando dei millennial, cioè i nostri connazionali di età compresa tra 26 e 41 anni e della cosiddetta Generazione X, composta da investitori che hanno più di 42 anni e non hanno ancora superato la soglia dei 57 anni. Queste due categorie anagrafiche sono state di recente oggetto di una indagine realizzata dalla società di consulenza Accenture in collaborazione con l’Aipb (associazione italiana private banking), sigla di categoria rappresentativa di tutte le banche e le reti di consulenti finanziari che offrono servizi di gestione dei patrimoni ai clienti di fascia medio-alta, in possesso di una ricchezza di oltre 500mila euro a testa. Il private banking è un settore sempre più importante nell’industria nazionale del risparmio e cresce da oltre un decennio a ritmi sostenuti (si veda l’articolo qui a fianco).
Gli addetti ai lavori si interrogano sulle sfide che si aprono all’orizzonte, quando diventerà predominante una fascia di clienti più giovane, nata a cavallo tra gli anni ‘70 del secolo scorso e la fine del millennio, nell’era informatica e del digitale. I millennial e la Generazione X hanno per natura molta dimestichezza con le nuove tecnologie: l’80% delle persone che appartengono a queste fasce anagrafiche, secondo l’indagine di Accenture-Aipb, utilizza i canali digitali per le attività bancarie, non va allo sportello o in filiale ma opera in autonomia e utilizza più comodamente il computer o il telefonino. Tuttavia, per le necessità importanti, il rapporto umano resta essenziale. L’83% degli intervistati da Accenture-Aipb si è dichiarato infatti interessato ad avere un supporto ad hoc da parte di un professionista in momenti rilevanti come per esempio la richiesta di un mutuo per l’acquisto della prima casa. Inoltre, anche quando hanno sperimentato un servizio di consulenza a distanza attraverso i canali digitali, sia i millennial che la Generazione X hanno preferito comunque avere un supporto umano, senza affidarsi completamente all’automazione. Dunque, il modello di servizio più giusto (almeno secondo l’80% degli intervistati dell’indagine) sembra essere quello ibrido, in cui i servizi digitali non escludono l’intervento di un professionista in carne e ossa, a disposizione del cliente. "Come private banking abbiamo raggiunto negli ultimi 15 anni straordinari risultati, ma ora è arrivato il momento di aprirci alle nuove generazioni realizzando un nuovo modello di gestione della ricchezza che catturi l’interesse dei futuri investitori", dice Andrea Ragaini (nella foto), presidente di Aipb, il quale evidenzia un aspetto tutt’altro che secondario per il suo settore: oggi, oltre i tre quarti dei patrimoni gestiti nell’industria del private banking sono soggetti alle decisione di una persona che ha più di 55 anni di età. È bene dunque che i private banker italiani assumano per tempo la consapevolezza che questa gran massa di patrimoni passerà di mano nei prossimi decenni e finirà in capo a clienti con diverse abitudini e preferenze rispetto alle generazioni che li hanno preceduti.
Massimiliano Colangelo, senior managing director di Accenture che si occupa del settore dei servizi finanziari sottolinea la necessità di "modelli di servizio innovativi, pensati per le nuove generazioni, che potranno coesistere in modo virtuoso insieme a quelli tradizionali". Il private banking avrà indubbi vantaggi nell’adottare questi nuovi modelli perché i millennial e la Generazione X, con i loro 600-700 miliardi di patrimoni, possono generare 9 miliardi di potenziali ricavi addizionali.