Roma, 21 ottobre 2024 – “I nostri stoccaggi sono pieni al 96% e siamo pronti ad affrontare l’inverno grazie alla diversificazione degli approvvigionamenti e alla dotazione infrastrutturale che stiamo implementando. Senza dimenticare che con i nostri investimenti diamo anche un contributo al Pil”. L’amministratore delegato di Snam Stefano Venier sottolinea la fragilità del mercato globale dell’energia ma rassicura sulle forniture di gas, sottolineando il ruolo delle eccellenze industriali italiane nei progetti infrastrutturali avviati. E indica la strada per la transizione: “rigore scientifico, neutralità tecnologica e soluzioni inclusive, per avere a bordo tutti”. Un mese fa, a Houston, durante Gastech è arrivato l’allarme: alcuni trader dicono che una nuova crisi globale del gas potrebbe essere dietro l’angolo. Lei cosa ne pensa? Che bisogna fare tesoro delle lezioni apprese. Nessun allarmismo ma quei motivi di preoccupazione non sono infondati né nuovi. Noi stessi, presentando a fine agosto il Global Gas Report, abbiamo evidenziato alcune dinamiche da tenere sotto controllo e rispetto alle quale continuare ad attrezzarsi, a partire dall’aumento della domanda globale di gas, trainata soprattutto dall’Asia e cresciuta, fra il 2022 e il 2023, di 59 miliardi di metri cubi (poco meno del gas consumato in un anno in Italia). Nel 2024 prevendiamo un ulteriore aumento di 87 miliardi di metri cubi (+2,1%), con possibili effetti su un mercato energetico già molto volatile, sensibile anche al singolo sciopero o al fermo manutentivo di un impianto. In questo contesto, il Gnl è una risorsa su cui continuare a puntare? Senz’altro, bilanciando fra loro rotte e vettori. Italia ed Europa, per intenderci, si stanno servendo del Gnl per diversificare gli approvvigionamenti, ma devono contendersene i carichi su un mercato globale e competitivo. Un inverno meno tenero degli ultimi sarebbe sufficiente a incrementare del 5% il Gnl scambiato nel mondo, con pressioni sui prezzi. E proprio perché l’entità della domanda di energia dipende da variabili non interamente determinabili, è importante lavorare sul lato dell’offerta, potenziando – non solo per quanto riguarda il Gnl - i progetti di produzione e trasporto, così da evitare che, già nel 2030, la coperta risulti «corta». Un quadro, insomma, caratterizzato da persistente fragilità. Dell’Europa e dell’Italia cosa possiamo dire? Siamo pronti ad affrontare l’inverno? Per l’inverno siamo pronti. L’Italia, nel continuare a lavorare nella giusta direzione, può essere fiera del percorso compiuto, non soltanto per la rapidità con cui già allo scoppio del conflitto russo-ucraino abbiamo valorizzato le nostre tre differenti rotte di approvvigionamento da Sud (oggi superiori al 50%), ma anche per i progetti infrastrutturali celermente avviati per incrementare la capacità di trasporto via tubo verso nord e dotarci di nuovi rigassificatori. Con la nave di Piombino attiva da luglio 2023 e con la prossima entrata in esercizio del terminale di Ravenna, la capacità di rigassificazione complessiva del Paese salirà a 28 miliardi di metri cubi l’anno: è il gas importato da Mosca nel 2021. Nel 2023 il Gnl ha coperto il 23% degli approvvigionamenti nazionali, trend confermato anche nei primi nove mesi del 2024, con oltre 110 navi provenienti per circa un terzo dagli USA, ma poi anche da Qatar, Algeria e numerosi altri Paesi. Nel giro di due anni, la dipendenza italiana dal gas russo è passata dal 33 al 5%, perfino meglio dell’Europa, scesa dal 45 al 14%. Centrale il ruolo degli stoccaggi, nella fase più acuta della crisi (per assicurare la disponibilità fisica di energia) e anche dopo. Oggi i nostri siti sono pieni per oltre il 96%: è un livello superiore di quasi il 10% rispetto alla media degli ultimi 5 anni, che mitiga anche la volatilità dei prezzi, tutelando le nostre imprese.
Non ci stiamo dimenticando la transizione energetica? Tutt’altro. Tenere in equilibrio il sistema energetico è essenziale per gli obiettivi di transizione, soprattutto se consideriamo gli ingenti investimenti necessari alla decarbonizzazione. Il gas, in questo, è strategico: accelera il phase out del carbone (che emette il doppio), è stoccato e trasportato su asset a prova di futuro che possono accogliere anche molecole verdi come biometano e idrogeno, concorre alla filiera della cattura e dello stoccaggio della CO2 e mitiga gli effetti della fisiologica intermittenza delle fonti rinnovabili, accompagnandone lo sviluppo. Non a caso, gli scenari dell’IPCC, dell’IEA e anche del Pniec italiano confermano la centralità di questo vettore anche nel 2040 e nel 2050. Senza gas, non c’è Net Zero che tenga.
Qual è il ruolo dei territori nel piano strategico di Snam per sicurezza e transizione? È un ruolo imprescindibile. Siamo presenti in tutto il Paese con 33 mila chilometri di tubi, 4 rigassificatori (più quello di Ravenna in arrivo), 9 impianti di stoccaggio, a cui si aggiungeranno presto i 3 di Edison Stoccaggio, e oltre 700 cantieri attivi su 18 regioni, operando in trasparenza e raccordo con le amministrazioni locali ed esercitando un presidio anche idrogeologico del territorio, che teniamo sotto controllo con asset sempre più intelligenti e piattaforme digitali per la gestione integrata di impianti e processi. Snam, del resto, non è attenta alle sole emissioni, su cui pure archiviamo ogni anno risultati importanti che ci proiettano alla carbon neutrality sulle nostre emissioni entro il 2040 e al net zero su tutte le emissioni, fornitori inclusi, entro il 2050. Ripristinando le aree interessate dai nostri scavi, infatti, ne preserviamo la biodiversità vegetazionale e faunistica, con l’obiettivo di avere cantieri a impatto positivo già entro il 2027.
Con occhio attento, quindi, anche alla natura e ai territori attraversati… Certo. Quando le nostre opere attraversano i fiumi, per esempio, procediamo spesso a consolidamenti di alvei e argini che in occasione di vari eventi alluvionali hanno rivelato la loro utilità. Ma i territori sono fondamentali anche perché ci consentono di valorizzarne le eccellenze industriali, coinvolgendole nei nostri progetti. Penso all’area di Ravenna, dove anche grazie alle expertise presenti sul territorio stiamo portando avanti diversi progetti strategici, da quello con Eni per la cattura e lo stoccaggio della CO2 al rigassificatore BW Singapore che entrerà in esercizio nel 2025, senza dimenticare parte dei gasdotti della Linea Adriatica. E se l’Italia, in ottica di solidarietà, sta potenziando la sua capacità di esportazione verso nord, questo avviene anche e soprattutto in squadra con i territori nei quali operiamo per l’adeguamento delle infrastrutture frontaliere, come le centrali di spinta di Malborghetto e Poggio Renatico. In termini di contributo al Pil, il valore aggiunto che nel 2023 è stato generato dagli investimenti realizzati da Snam sul territorio nazionale equivale a 2,7 miliardi di euro. Per farsi un'idea generale dell'impatto sull'economia, secondo le nostre stime per ogni milione di euro di ordinato di Snam il sistema economico italiano trae un beneficio di 2,6 milioni di euro di produzione lorda, di circa un milione di valore aggiunto e di circa 15 unità lavorative annue.
Fra poco comincia la Cop29 a Baku, in Azerbaijan, un Paese che vive delle esportazioni di gas. L’ultima Cop si era tenuta a Dubai, un petrostato. È una contraddizione? Cop28 ha registrato la convergenza di 198 Paesi sulla formula del «transition away»: un grande successo, se consideriamo la frammentazione globale in cui navighiamo. Quindi no, nessuna contraddizione. È anzi un bene che i Paesi più coinvolti si impegnino direttamente. Per centrare la decarbonizzazione, d’altronde, occorre avere a bordo tutti. Piuttosto, come proprio Cop28 ci ha ricordato, occorrono gradualità, pragmatismo, sostenibilità sociale ed economica. Tutte cose che ci attendiamo vengano recepite anche dal nuovo corso della politica europea. La neutralità tecnologica è imprescindibile: ogni Paese sia libero di sfruttare le leve più congeniali alla propria realtà geografica, industriale, logistica, senza veti o prescrizioni unilaterali e rimanendo permeabile all’innovazione tecnologica. E tutto sia pianificato e realizzato con rigore scientifico. In Snam, anche per questo, abbiamo appena presentato il nostro Transition Plan, una roadmap articolata, flessibile e soggetta a futuri aggiornamenti che indica strategie, obiettivi, azioni e risorse con cui guardiamo alle prossime decadi. Da qui al 2032 parliamo di 26 miliardi di investimenti, o direttamente collegati alla decarbonizzazione o comunque relativi al consolidamento di un sistema multi-molecola che abiliti la transizione. Già oggi, del resto, il 50% del nostro funding è collegato a obiettivi di riduzione delle emissioni. È su questo che ci misuriamo e ci facciamo misurare.