Giovedì 25 Aprile 2024

Opportunità e criticità dello smart working dopo la pandemia

NEGLI ultimi mesi, da quando è apparso chiaro che la pandemia era entrata in una fase di regressione sia per il numero di contagi che per gli effetti del virus, si è cominciato a discutere sempre più concretamente del ritorno ad una nuova normalità. In questa logica si è posto il tema di cosa poteva essere “tenuto” dell’esperienza fatta in questo complesso periodo di convivenza con il virus. Fra i temi certamente più dibattuti vi è quello dello smart working o lavoro agile. Chiedersi cosa sarà o resterà dello smart working dopo la pandemia, forse, non è il quesito più corretto perché quello che abbiamo vissuto nel recente passato non è l’istituto così come era stato immaginato dalla Legge 81 del 2017, ma, più banalmente, si è trattato di una forma di lavoro da remoto ‘imposto’. Quello che è più interessante, o meglio che la pandemia ci lascia, è però l’impulso accelerante verso un nuovo modello per rendere la prestazione. A bene vedere se di lascito si parla, è la dimostrazione che si può remotizzare su larga scala con evidenti vantaggi in una prospettiva, tuttavia, di nuovo equilibrio tra modalità in presenza e da remoto. Allo stesso modo la pandemia ha lasciato nei lavoratori una nuova consapevolezza circa la possibilità di coniugare vita privata e lavoro in modo nuovo e diverso. Come anticipato, però, occorre immaginare una nuova normalità dopo aver effettuato questa sperimentazione ‘forzata’. In questo processo, per il quale da fattispecie residuale si passa a parte integrante del modo di rendere la prestazione, si è manifestata l’esigenza di nuove tutele e di coniugare il modello ordinario della subordinazione con lo smart working. Da questo punto di vista molte sono le questioni in discussione: da quella relativa al controllo, al diritto alla disconnessione fino al rispetto delle norme relative a salute e sicurezza.

Vi sono altri temi che richiedono tutela nell’ambito dello smart working come il diritto alla socialità del lavoratore, la tutela della parità di condizioni retributive così come la parità di accesso alla crescita professionale o alla formazione. I temi di confronto trovano solo in parte risoluzione nella disciplina in vigore che, dal primo luglio 2022, ritornerà ad essere la fonte di riferimento per la regolazione dello smart working. Il punto centrale è quindi, non cosà rimarrà dello smart working “semplificato” del periodo pandemico, ma cosa esso ha determinato, quali esigenze ha reso evidenti, quali le opportunità e quali le criticità. Si tratta di interrogativi già fatti propri sia dal legislatore, attraverso l’elaborazione di proposte di riforma, sia dalle aziende che stanno implementando accordi con i sindacati molto strutturati e avanzati. Questa riflessione si chiude però con una domanda nuova rispetto all’incipit: si avrà il coraggio di cavalcare l’impulso dato dalla pandemia anche per rimettere in discussioni le categorie classiche del lavoro subordinato per affrontare le tematiche dello smart working oppure si continuerà a leggere il fenomeno attraverso la lente storica del lavoro dipendente?

Francesco Rotondi, Founder LabLaw

 

 

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