Venerdì 26 Aprile 2024

Università: le matricole aumentano ma negli indirizzi meno richiesti dalle imprese

Alcune delle lauree definite introvabili da Unioncamere e Anpal perdono iscritti: - 2% per l’area scientifica, -1,5% per ingegneria industriale. Rimangono grossi squilibri sul mercato del lavoro

Università: matricole in aumento ma non negli indirizzi richiesti dalle imprese

Università: matricole in aumento ma non negli indirizzi richiesti dalle imprese

Gli studenti universitari aumentano (di poco), ma diminuiscono gli iscritti alle facoltà che garantiscono maggiori sbocchi lavorativi. È il risultato, paradossale, che emerge incrociando i dati sulle immatricolazioni all’Università del ministero dell’Istruzione per l’anno accademico 2022-2023 e le ultime statistiche diffuse da Unioncamere-Anpal.

Andiamo con ordine. A gennaio, stando ai dati forniti dal Miur, le immatricolazioni sono cresciute dello 0,3% sul 2021-2022. Si tratta di un’inversione di tendenza rispetto al calo del 3% che si era registrato l’anno scorso. Per l’Italia, penultimo Paese in Europa per numero di persone che hanno conseguito una laurea, questo è sicuramente un dato positivo: avere più studenti universitari è l’unico modo per sperare di avere più laureati.

Tuttavia, gli studenti scelgono soprattutto indirizzi umanistici, che offrono poche possibilità di impiego. Alcune aree a forte impatto occupazionale, si pensi, ad esempio, a tutti gli ambiti scientifici o a ingegneria nelle sue varie declinazioni (informatica, industriale, elettronica), soffrono ormai in modo cronico di una carenza di iscritti, mentre altre specializzazioni continuano a segnare incrementi del numero di matricole a doppia cifra (psicologia) o quasi (gli studi umanistici in generale).

Un risultato a cui si arriva appunto incrociando i diversi dati pubblicati nelle ultime settimane da soggetti ed enti diversi. L’ultimo bollettino Excelsior, diffuso da Unioncamere-Anpal, ha evidenziato i dati relativi ai laureati "introvabili". Nel 2022, lo squilibrio tra domanda e offerta, per queste figure, è pari al 47,3%, in crescita di nove punti percentuali sull’anno prima, con punte che, in alcuni casi (ad esempio l’indirizzo medico-odontoiatrico) arrivano al 68,7%. A seguire, intorno al 60% di irreperibilità, ci sono alcune specializzazioni di ingegneria (industriale, elettronica e dell'informazione), i laureati in chimica-farmaceutica, i matematici, i fisici, gli informatici.

Ebbene, se paragoniamo questi dati con le recenti scelte dei neo immatricolati, ricaviamo l’impressione che quel “mismatch” tanto temuto dalle imprese sia destinato a durare, se non ad aggravarsi. Per fare un esempio, l’ambito scientifico perde il 2% di matricole (ingegneria industriale e dell’informazione l’1,5%). Non solo. Persino quelle poche aree di studio relative ad alcune lauree “introvabili” che guadagnano iscritti, lo fanno a ritmi troppo lenti per riuscire a colmare il divario tra domanda e offerta sul mercato del lavoro fotografato da Unioncamere-Anpal. In economia, per esempio, le immatricolazioni sono cresciute solo dell’1,3% rispetto al 2021-2022. L’Indirizzo medico-farmaceutico, invece, ha visto un aumento di appena lo 0,7%. E questo nonostante il fatto che anche l’Istat, nei giorni scorsi, abbia ricordato, con le sue statistiche, la convenienza lavorativa delle lauree Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica).

A fronte di un tasso di occupazione medio per i laureati italiani che nel 2021 era dell’81,1%, quello delle discipline tecnico-scientifiche si è collocato all’85,7%. Senza contare che i laureati nel variegato mondo delle discipline Stem possono contare su una quota molto elevata (86,7%) di lavoro altamente qualificato. In tale contesto, la speranza di invertire la rotta passa dalle campagne di orientamento di scuole e università. In attesa che l’anno prossimo decollino i moduli orientativi da 30 ore a partire dalle scuole medie e il docente tutor in ogni gruppo classe, non restano che i corsi orientativi che le università devono organizzare insieme agli istituti scolastici con i fondi del Pnrr. Come riportato da il Sole 24 Ore, la prima rata da 47,3 milioni di euro è stata appena ripartita: 19,2 milioni sono andati al Sud e alle Isole, i restanti 28 milioni se li è aggiudicati il Centro-Nord. Risorse che, adesso, vanno fatte fruttare.

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