
I due vicepremier: Matteo Salvini (Lega) e, a destra, Antonio Tajani (Forza Italia)
"Invece di rompere le scatole al governo italiano su balneari, spiagge, motorini, auto elettriche e banche si occupi di poche cose, serie, per esempio trattare con Usa, e lo faccia bene". Matteo Salvini carica a testa bassa la Commissione Europea dopo lo stop arrivato ieri da Bruxelles sul decreto del 18 aprile con cui il governo ha applicato i poteri speciali del ‘golden power’ all’operazione di acquisizione di Banco Bpm da parte di UniCredit. Bruxelles ha inviato all’Italia un parere preliminare in cui solleva dubbi di compatibilità con il diritto dell’Unione, aprendo a un potenziale contenzioso formale. Palazzo Chigi, non seguendo l’impeto salviniano, ha annunciato che risponderà con spirito collaborativo.
Ma la polemica politica è subito esplosa: le opposizioni già parlano di "figuraccia internazionale" e chiedono il ritiro del decreto che, a detta della Ue, "potrebbe costituire una violazione dell’articolo 21 del Regolamento europeo sulle concentrazioni, abbiamo dubbi che questo decreto soddisfi effettivamente le condizioni stabilite nell’articolo 21 del regolamento" sulle fusioni, ha detto il portavoce dell’esecutivo comunitario Thomas Regnier. Da quanto trapela da fonti a Bruxelles i rilievi di Palazzo Berlaymont non andrebbero a valutare le condizioni date per approvare l’operazione ma la possibilità stessa per l’Italia di imporle, visto che la fusione è di competenza Ue (c’è anche un tema di mancata notifica preventiva). Sul tavolo ci sono dunque le norme sulle fusioni, ma anche quelle sul libero movimento dei capitali. E se le risposte dell’Italia non saranno soddisfacenti, Bruxelles potrebbe prendere una decisione legalmente vincolante, ordinando il ritiro del decreto.
"Con spirito collaborativo e costruttivo risponderemo ai chiarimenti richiesti, così come già fatto in sede giurisdizionale dinanzi al Tar", ha affermato una nota ufficiale del governo con il vicepremier Antonio Tajani che si è affettato a fare da pompiere rispetto alle parole di fuoco dell’omologo della Lega. "L’Ue si occupa di ciò di cui si deve occupare – ha sottolineato il ministro degli Esteri – e questa è materia di competenza anche dell’Ue". Ma Salvini ha rincarato: "Il sistema bancario è un asset strategico per il Paese, l’Italia può e deve normare come ritiene, senza che da Bruxelles nessuno si permetta di intervenire".
Dura l’opposizione: È "una sconfitta su tutta la linea, in particolare per il ministro Giorgetti. Il governo farebbe bene a ritirare il golden power", ha affermato Antonio Misiani del Pd. È "un’altra figuraccia internazionale del governo Meloni", secondo Gaetano Pedullà (M5S). Particolarente duro, sempre nel campo degli stellati, il vicepresidente del Movimento Mario Turco che annuncia un’interrogazione parlamentare: "È tutto l’effetto di uno scriteriato approccio del governo Meloni al risiko bancario, basato solo sull’appoggio ad alcuni finanzieri privati, senza visione o traiettoria alcuna per l’economia reale, come dimostra anche lo sgangherato collocamento del 15% di Mps, funzionale all’altra offerta, quella della banca senese su Mediobanca".
La palla passa ora all’Italia, che sarebbe orientata a prendersi tutto il tempo a disposizione per rispondere, 20 giorni, mentre sembra probabile che UniCredit riunisca un cda per decidere il da farsi. Non va dimenticato infine che sul golden power è aperto anche un altro fronte con Bruxelles: la Commissione ha avviato anche la procedura informale dell‘Eu Pilot sulla legge e il Mef ha già risposto. Il rischio ora è che venga aperta una procedura di infrazione all’Italia.