Mercoledì 12 Febbraio 2025
REDAZIONE ECONOMIA

Animali domestici: in Italia le famiglie spendono oltre 950 milioni l’anno

ALTRO CHE ORO, petrolio, azioni tecnologiche o bancarie. Per alcuni gestori di fondi di investimento, sulle piazze finanziarie c’è una...

ALTRO CHE ORO, petrolio, azioni tecnologiche o bancarie. Per alcuni gestori di fondi di investimento, sulle piazze finanziarie c’è una...

ALTRO CHE ORO, petrolio, azioni tecnologiche o bancarie. Per alcuni gestori di fondi di investimento, sulle piazze finanziarie c’è una...

ALTRO CHE ORO, petrolio, azioni tecnologiche o bancarie. Per alcuni gestori di fondi di investimento, sulle piazze finanziarie c’è una nuova gallina dalle uova d’oro. Si chiama Pet Economy ed è quel variegato insieme di attività economiche che ruota attorno al mondo degli animali domestici. La business community internazionale le ha messo gli occhi addosso ormai da diverso tempo, partendo da una constatazione: nei paesi industrializzati, è sempre più diffusa l’abitudine di adottare qualche animale domestico, in particolare cani e gatti, che vengono trattati alla stregua di veri e propri familiari. Si tratta di un megatrend (così lo chiamano gli addetti ai lavori) destinato a gonfiare i ricavi e profitti delle aziende quotate sulle borse internazionali che producono beni e servizi destinati ai cuccioli di casa, dai mangimi alle cure veterinarie fino alle assicurazioni contro i danni provocati a terze persone da cani e gatti e altri esemplari allevati tra le quattro mura.

Di recente, il megatrend della Pet Economy è stato oggetto di analisi da parte della società di gestione patrimoniale Banor, che vi ha dedicato un approfondimento specifico all’interno del suo outlook 2025, cioè il documento di previsione su come andranno le piazza finanziarie nel corso dei prossimi 12 mesi. "Negli ultimi anni, il mercato globale della cura degli animali domestici ha registrato una marcata accelerazione, superando un valore di 200 miliardi di dollari a livello globale nel 2023, con una previsione di crescita ad un ritmo del 6-7% annuo tra il 2024 e il 2032", hanno scritto gli analisti di Banor, sottolineando un particolare: la crescita della Pet Economy riflette molteplici trend, in primis l’aumento dei tassi di adozione degli animali domestici, che si è intensificato nei paesi industrializzati dopo il lockdown causato dal Covid-19, quando milioni di persone si sono trovate costrette a stare tra le mura domestiche e hanno avvertito maggiore bisogno di una compagnia a 4 zampe. A questa tendenza se ne sono aggiunte altre due: la prima è appunto l’umanizzazione dei cuccioli di casa, che vengono trattati spesso come figli, nipoti o parenti. L’altro trend è rappresentato dalla crescita della vita media degli animali domestici grazie ai progressi delle cure veterinarie: per i cani si è arrivati a 10-15 anni mentre per i gatti siamo attorno ai 15-20 anni. In questo scenario, la quota di famiglie che scelgono di avere un cucciolo di compagnia è cresciuta un po’ in tutto il mondo, passando dal 50% del 2010 a quasi il 70% del 2023 in gran parte dei paesi sviluppati. Basti pensare che, sottolineano gli analisti di Banor, "negli Stati Uniti ben 91 milioni di nuclei familiari hanno un cane o un gatto, più del doppio rispetto ai 42 milioni di americani che hanno invece dei figli di età inferiore ai 25 anni".

I numeri sono impressionanti anche in Italia dove i consumatori spendono complessivamente 950 milioni di euro all’anno per il mantenimento dei propri cuccioli, contro i 630 milioni destinati ai bambini. In questo scenario, ci sono tre aree di business che, secondo Banor, possono far circolare una montagna di soldi. La prima è quella del pet food, la produzione di alimenti per animali che genera un giro d’affari in tutto il mondo di oltre 120 miliardi di dollari. È un’area di attività in continua trasformazione con una crescente attenzione verso prodotti premium e personalizzati. Le aziende di questo settore cercano innanzitutto di rispondere al cambiamento delle preferenze dei consumatori, creando linee di alimenti pensati apposta per migliorare la salute digestiva, la pelle e il pelo o per rispondere a esigenze specifiche, legate a razze o fasi di vita degli animali. Questa è una strategia vincente soprattutto nei mercati emergenti come l’Asia e l’America Latina, dove la classe media, in forte crescita, sta aumentando la spesa per gli animali domestici.

C’è poi chi produce cibo fresco e naturale per animali, distribuito attraverso frigoriferi dedicati nei principali supermercati. La promessa di un’alimentazione più sana e simile a quella umana sta guadagnando consensi, in particolare tra i proprietari più giovani e attenti alla salute dei loro cani o gatti. C’è poi un altro elemento da considerare: la cosiddetta catena del freddo, che è necessaria per mantenere i prodotti freschi, comporta costi operativi elevati, che incidono sulla redditività. Nonostante ciò, il segmento del pet food fresco rappresenta uno dei mercati a più rapida crescita, con un potenziale ancora in gran parte inesplorato. Se il pet food rappresenta il cuore delle cure quotidiane, per Banor la diagnostica veterinaria è il "cervello" della Pet Economy, poiché favorisce la prevenzione e la gestione delle malattie, dando vita a un mercato che vale circa 8 miliardi di dollari e presenta tassi di crescita vicini alla doppia cifra.

Vi è poi il settore dei farmaci veterinari, un segmento spesso trascurato nelle discussioni economiche generali, ma che rappresenta una componente fondamentale per il benessere degli animali e vale circa 45 miliardi di dollari. Possiamo considerare i farmaci come la spina dorsale della salute animale, poiché garantiscono trattamenti efficaci per un ampio spettro di patologie, spaziando dai vaccini ai farmaci dermatologici e antiparassitari, rivolti sia agli animali da compagnia che agli allevamenti. Banor non è l’unica società finanziaria che ha messo gli occhi sul variegato mondo della Pet Economy. La casa di gestione del risparmio internazionale Allianz Global Investors, per esempio, ha creato da tempo un fondo specializzato in questo settore che, seppur tra alti e bassi, negli ultimi 5 anni ha avuto un rendimento annualizzato superiore al 5% ogni 12 mesi.