
Recep Tayyip Erdoğan, presidente della Turchia
Istanbul, almeno per un giorno, è tornata capitale del mondo, comunque alla ricerca delle difficili vie per costruire una vera e stabile pace dopo oltre tre anni di più che mai cruenta guerra russo-ucraina. Non si debbono sottovalutare, ma nemmeno sopravvalutare, le assenze di Capi di Stato e di Governo dal vertice di Istanbul: è più utile ricercare gli elementi di dialogo che potranno essere poi sviluppati.
Già la scelta di Istanbul come possibile sede di negoziati di pace è piena di significati: il “padrone” dei sempre decisivi stretti del Bosforo e dei Dardanelli, Erdogan, è personaggio decisivo nella Nato, nei rapporti Est - Ovest e in quelli mediorientali e può, se lo decide, davvero essere utile per la costruzione di un percorso prima di sospensione del conflitto e poi di vera pace.
Un contributo morale assai importante lo sta dando il nuovo Papa, Leone XIV, che non solo argomenta con vigore la necessità di costruire ponti per la pace, ma ha già affermato solennemente che occorre combattere anche ogni violenza verbale e morale, l’anticamera della violenza fisica. Ciò è soprattutto importante in un’epoca dominata da Internet e dai social, dove i linguaggi violenti sono purtroppo assai frequenti e che fanno sottovalutare, in particolare ai più giovani, i rischi di vera violenza fisica.
A Istanbul non è in discussione soltanto la pace o la prosecuzione della guerra, ma la stessa speranza di sviluppo, non solo tecnologico, di una globalizzazione che deve coincidere con una nuova fase di distensione.
Insomma, è in discussione la speranza di una ripresa dei principi, dei doveri e dei diritti della società aperta che viene contrastata da ogni forma di autoritarismo. Giovanni Spadolini, che settant’anni fa divenne direttore del Resto del Carlino, di fronte al nuovo Papa che nel 1958 venne eletto (Giovanni XXIII), scrisse il famoso articolo sul “Tevere più largo”, ovvero sulle maggiori distinzioni fra Chiesa e Stato che allora stavano maturando in Italia. Da decenni il Papa non è più italiano ed il Tevere è già molto largo, senza i vecchi rischi di reciproche interferenze fra Stato e Chiesa.
Ma è più che mai importante il ruolo morale dell’insegnamento del nuovo Papa per contribuire a cambiare il linguaggio troppo degradato anche nel dialogo pubblico che deve essere riqualificato per un maggior rispetto delle idee e della dignità di ciascuno. La speranza deve essere l’indirizzo strategico sul quale muovere una riqualificazione dei metodi e dei comportamenti pubblici e privati, innanzitutto internazionali, per una nuova prospettiva in particolare per i giovani, ai quali debbono essere fornite maggiori possibilità di crescita culturale, economica e sociale.
La speranza è che il nuovo Papa e comunque il ritorno di Istanbul, almeno per un giorno, a capitale del mondo per la pace, possano davvero contribuire a costruire nuovi, concreti e solidi ponti per un maggior rispetto e per una pace vera, innanzitutto ma non solo, sui campi di battaglia.