Mercoledì 24 Aprile 2024

EUROPA ALLE URNE SCORDANDO L’EURO

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MANCA una settimana al voto per le elezioni europee e ho sempre più la sensazione che il dibattito sia una sorta di anatra zoppa, che cerca di evitare un convitato di pietra che nessuno può, o vuole, nominare. Sto parlando, ovviamente, dell’Euro. Ho fatto questa riflessione imbattendomi nel recente studio di Fulvio Coltorti. Non stiamo parlando di un politico di impriting sovranista, bensì dell’ex direttore dell’area studi di Mediobanca, che ha pubblicato una ricerca dedicata alla moneta unica sul trimestrale Nuova Antologia.

Questa ricerca registra scientificamente gli effetti negativi che l’Euro ha avuto, dal 2009 in poi, sull’economia italiana: «Inizialmente l’euro ha portato bene all’Italia, mettendo a disposizione delle sue numerose imprese un mercato più aperto e più facilmente penetrabile, ma dopo il 2009 vi è stato un calo importante di attività per l’impatto della crisi tanto malamente combattuta – scrive Coltorti –. Misurandola in termini relativi (rapporti tra i Pil dei Paesi a prezzi correnti), tra 2005 e 2017 abbiamo perduto quasi 19 punti rispetto alla Germania e quasi 11 rispetto alla Francia».

Mi ha confortato leggere – nel lavoro di Coltorti – conclusioni molto simili a quelle a cui ero arrivato, qualche mese fa, con un’analisi che avevo intitolato “Studio oggettivo sugli effetti dell’Euro”.

Il grande problema, come ripeto da ormai dieci anni, è che non si può pretendere di legare economie che vanno a velocità differenti a un sistema di cambi fissi. Non è solo un’idea bislacca, si tratta di un meccanismo che sta stritolando il ceto dei lavoratori salariati e distruggendo la domanda interna.

Mi chiedo come si possa pensare di ragionare veramente sul futuro dell’Unione, se non si ha il coraggio di discutere apertamente dell’elefante che sta seduto nella stanza dell’Europa, come se fosse un tabù.

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