Giovedì 25 Aprile 2024

Ecco quanto ci costa la malaburocrazia: 225 miliardi ogni anno. Più dell’evasione

Secondo le analisi della Cgia le criticità della macchina pubblica grava per 11 punti sul Pil

Roma, 02 Aprile 2023 – La burocrazia, i mancati pagamenti della pubblica amministrazione, la lentezza della giustizia civile, il deficit infrastrutturale, gli sprechi nella sanità sono alcune delle criticità che caratterizzano il cattivo funzionamento della nostra macchina pubblica che grava su famiglie e imprese per almeno 225 miliardi di euro all’anno.

Il peso della burocrazia
Il peso della burocrazia

L’Ufficio studi della CGIA ha provato a stimare tali debolezze del sistema, arrivando alla conclusione che dovrebbero cubare oltre 11 punti di Pil all’anno, ovvero attorno ai 225 miliardi di euro.

Sebbene sia sempre sbagliato generalizzare, visto che anche la nostra PA può contare su punte di eccellenza centrali e locali che ci sono invidiate in molti paesi europei, gli sprechi, gli sperperi e le inefficienze presenti nella nostra burocrazia pubblica sono una amara realtà che, purtroppo, hanno e continuano a ostacolare la modernizzazione del Paese.

Sprechi e burocrazia ci costano di più dell’evasione

Mettendo in fila i risultati di alcune analisi condotte da una mezza dozzina di istituzioni molto autorevoli, il danno economico per famiglie e imprese sarebbe di almeno 225 miliardi di euro all’anno. A titolo di esempio, quest’ultima è una cifra ha una dimensione: più che doppia dell’evasione tributaria e contributiva presente in Italia che è stimata attorno ai 100 miliardi di euro l’anno; quasi doppia della spesa sanitaria del nostro Paese (131,7 miliardi per il 2023); pari al valore aggiunto (Pil) prodotto nel 2021 da tre regioni del Nordest (Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia); di poco inferiore alle risorse che il nostro Paese dovrà spendere entro il 2026 con il PNRR (235 miliardi).

Siamo tra gli ultimi in UE per qualità dei servizi pubblici

Senza scomodare Cavour, che se ne occupò addirittura nel 1852 durante il Regno di Sardegna, in tempi più recenti l’allora premier, Alcide De Gasperi, cosciente che c’era la necessità di rendere più efficace il lavoro della nostra PA, istituì nel 1950 il primo ministero per la riforma burocratica (ministro Raffaele Pio Petrilli). Nonostante il problema fosse avvertito sin dagli inizi della nostra Repubblica, a distanza di quasi 75 anni la lotta alla cattiva burocrazia non ha portato grandissimi risultati. Certo, l’avvento delle tecnologie informatiche ha reso meno impervio il rapporto tra i cittadini e gli uffici pubblici, ma le difficoltà, comunque, rimangono e la percezione degli italiani sul livello di qualità reso dalla nostra PA resta molto basso. Sebbene abbiamo recuperato qualche posizione rispetto al 2019, nell’ultima indagine campionaria realizzata a inizio di quest’anno, l’Italia si colloca solo al 23 posto a livello europeo per la qualità offerta dai servizi pubblici.  Tra i 27 paesi UE messi a confronto, solo Romania, Portogallo, Bulgaria e Grecia presentano un risultato peggiore del nostro.

Male soprattutto in Basilicata, Campania e Calabria

Anche dal confronto tra tutte le regioni dei paesi UE emerge che anche a livello territoriale non brilliamo per qualità ed efficienza. Su 208 regioni europee monitorate nel 2021 dall’Università di Göteborg, la prima realtà italiana la scorgiamo al 100° posto ed è la Provincia Autonoma di Trento. Seguono al 104° le strutture pubbliche presenti nel Friuli Venezia Giulia, al 109° quelle ubicate in Veneto e al 117° quelle insediate nella Provincia di Bolzano. Stiamo parlando dell’indice europeo sulla qualità istituzionale che tiene conto della percezione, da parte dei cittadini, della qualità, dell’imparzialità e della corruzione della PA presente in un determinata area regionale. Sconsolante è la situazione che emerge dalla lettura dei dai riferiti alle nostre regioni del Sud. Delle ultime 20 posizioni di questa graduatoria europea, ben 5 sono occupate dalle nostre regioni del Mezzogiorno: la Puglia è al 190° posto, la Sicilia al 191°, la Basilicata al 196°, la Campania al 206° e la Calabria, penultima a livello europeo, al 207° posto. Nelle prime cinque posizioni della graduatoria europea scorgiamo le regioni di Åland (Finlandia), Midtjylland (Danimarca), Friesland (Paesi Bassi), Nordjylland (Danimarca) e Småland med öarna (Svezia). Chiudono la classifica, invece, Severoiztochen (Bulgaria), Sud-Est (Romania), Nord Est (Romania), Yugozapaden (Bulgaria), Campania e Calabria. Maglia nera d’Europa, infine, è la regione di Bucaresti-Ilfov (Romania).

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