Mercoledì 24 Aprile 2024

"Warhol copiò quel Prince" Il caso alla Corte Suprema

La fotografa Goldsmith porta la Fondazione dell’artista in tribunale: lo scatto era mio. Il re della Pop Art è accusato (post mortem) di violazione dei diritti d’autore

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di Giampaolo Pioli

Sono toste le donne del Michigan e la grande ritrattista delle star del rock and roll , Lynn Goldsmith anche a 74 anni non vuole mollare la presa. Dopo aver realizzato le copertine della rivista Rolling Stone con Bruce Springsteen e Michael Jackson, con Bob Dylan e Patti Smith, adesso con un plotone di bravissimi avvocati è riuscita a ribaltare un verdetto che la vedeva perdente e a trascinare, davanti alla Corte Suprema, la Fondazione di Andy Warhol per i multipli di un ritratto di Prince (tratto da un suo scatto) che il maestro della Pop Art aveva realizzato e che da decenni sono famosi in tutto il mondo. L’immagine in bianco e nero alla quale Warhol si era ispirato, era stata realizzata dalla Goldsmith nel 1981 e i diritti erano stati ceduti a Vanity Fair nel 1984. Warhol aveva voluto umanizzare quell’immagine. La Corte adesso dopo anni di udienze deve mettere però fine a questa disputa che di fatto ha finito col portare l’intera Pop Art sul banco degli accusati.

I legali della Goldsmith sostengono che Warhol ha violato il copyright col suo lavoro mentre gli avvocati della fondazione che porta il suo nome e lo protegge in tutto il mondo, sostengono che l’intervento sul ritratto di Prince e le sue modificazioni cromatiche sono stati così forti e inconfondibili da trasformarlo in un’opera completamente autonoma e nuova. In altre parole, non più una foto utilizzata senza chiedere il permesso ma una vera creazione artistica. L’immagine di Prince riprodotta da Warhol è uscita col titolo "Purple Fame" ed è apparsa quasi in contemporanea con l’album del cantante "Purple Rain". Prima della sua morte, che mantiene ancora aspetti sconcertanti e misteriosi, avvenuta nel 1987, Andy Warhol realizzò altre 15 trasfigurazioni delle immagini di Prince e se Vanity Fair non avesse pubblicato un’edizione speciale dopo la morte del cantante avvenuta nel 2016, forse la Goldmith non si sarebbe mai accorta che quel ritratto iniziale era il suo e non c’era stato alcun riconoscimento al riguardo.

L’intero dibattito legale sulla violazione dei diritti si concentrava ora sulla effettiva trasformazione del ritratto al punto di poterlo considerare "una nuova opera". A sostegno di Warhol arrivavano anche i simili trattamenti fatti sulle immagini di Mao e di Marilyn Monroe, diventati negli anni la vera cifra stilistica e colorata della sua fantasia cromatica. All’unanimità, però, i tre magistrati della Corte d’appello di New York hanno ribaltato la prima sentenza del 2019 che riconosceva come corretta l’interpretazione artistica e originale di Warhol sostenendo: "Nessun magistrato è chiamato a svolgere un ruolo di critico d’arte nell’attribuzione del copyright, ma deve solo stabilire se anche il diritto della Goldmisth come autrice della fonte principale d’ispirazione, è stato sufficientemente tutelato".

Il primo giudice Gerald E. Linch aveva assolto il lavoro di Warhol dicendo: "Nell’immagine della Goldsmith la componente umana di Prince sembra scomparsa". E gli avvocati della fondazione Warhol hanno aggiunto: "L’approccio dei magistrati del secondo distretto di New York che hanno chiesto il riesame del caso alla Corte Suprema, manderà un segnale pesantissimo alla regolazione delle espressioni artistiche protette dal primo emendamento della Costituzione".