Mercoledì 24 Aprile 2024

Un’infrastruttura per ripartire dopo il Covid

Antonio

Troise

Sarà la volta buona per il Ponte sullo Stretto? Il Sottosegretario alle Infrastrutture, Giancarlo Cancelleri, siciliano doc di fede Grillina, è pronto a giurare che, tempo dieci anni, riusciremo finalmente ad unire l’isola al Continente. Speriamo che la previsione sia giusta. Se non altro perché è da almeno un secolo e mezzo che l’Italia insegue il sogno del Ponte. Ci pensavano già nel 1870, dieci anni dopo l’Unità. Ci ritentò Mussolini. Poi, venne la volta di Berlusconi e della famosa cartina con le infrastrutture strategiche disegnata nel salotto televisivo di Bruno Vespa. Tutto inutile: il Ponte si è trasformato in un incubo, anche perché nel frattempo si sono bruciati diverse centinaia di miliardi di soldi pubblici per fare e disfare piano, documenti e società. E, invece, mai come in questo periodo, il progetto serve e come. Prima di tutto per il suo valore economico: rappresenterebbe un vero e proprio volano per il traffico nel Mediterraneo, rilanciando i porti e le infrastrutture del Mezzogiorno, che di fatto diventerebbero la piattaforma avanzata dell’Europa di fronte al Canale di Suez. Ma il Ponte avrebbe anche un significato simbolico: quello di unire effettivamente il Paese dalle Alpi alla Sicilia, senza interruzioni, completando il processo avviato nel 1861. Avrebbe, cioè, più o meno la stessa funzione che, negli anni ’50, ha svolto l’autostrada del Sole. Anche all’epoca bisognava ricostruire un Paese distrutto dalla guerra. Oggi dobbiamo fare la stessa cosa: ripartire dopo il Covid.