Venerdì 26 Aprile 2024

Una generazione di precari a vita Il presidente: ascoltate gli studenti

Mattarella affronta di petto il disagio dei giovani. E ricorda Lorenzo, morto a 18 anni durante uno stage

Migration

di Claudia Marin

"Mai più tragedie come quella del giovane Lorenzo Parelli, entrato in fabbrica per un progetto scuola-lavoro". È nel nome e nel segno del diciottenne friulano morto in un drammatico incidente in fabbrica che il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, comincia la riflessione sui giovani, tema a lui sempre caro, in occasione del discorso inaugurale del suo secondo mandato, davanti ai grandi elettori riuniti a Montecitorio.

"Mai più tragedie come questa", ammonisce, nel Paese che conta 1.221 morti bianche nel 2021, e auspica il presidente, rivolgendosi anche alla famiglia del giovane e alla comunità del suo paese natale, Castions di Strada. "Dignità – scandisce, insistendo su una parola-chiave del suo intervento – è azzerare le morti sul lavoro, che feriscono la società e la coscienza di ognuno di noi". La sicurezza "di ogni lavoratore riguarda il valore che attribuiamo alla vita. Quasi ogni giorno veniamo richiamati drammaticamente a questo primario dovere della nostra società", scandisce.

Non è un caso che le parole del Presidente arrivino alla vigilia di quella che si preannuncia come una possibile nuova giornata di tensioni nelle piazze: la tragedia di Lorenzo ha avuto come corollario gli scontri di queste settimane tra ragazzi e polizia. E gli studenti oggi torneranno per protestare contro il sistema della scuola-lavoro, con manifestazioni in tutta Italia: i riflettori sono puntati su Torino, teatro la scorsa settimana delle mobilitazioni più accese. Un nodo delicato, che è diventato anche terreno di contesa politica: è anche per questo che Mattarella, che ha sentito nei giorni scorsi il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, puntualizza, a mo’ di avviso generale, come sia "doveroso ascoltare la voce degli studenti, che avvertono tutte le difficoltà del loro domani e cercano di esprimere esigenze, domande volte a superare squilibri e contraddizioni".

Ma il capitolo giovani è un punto fermo di una parte essenziale della riflessione del Presidente sulla condizione dei nostri ragazzi, al tempo stesso la grande occasione del Paese e la sua parte più vulnerabile. I giovani e i loro sofferti interrogativi sul futuro, i giovani alle prese con l’incognita lavoro e lo spettro delle morti bianche, i giovani e la loro "dignità", che non s’infrange neanche davanti alle prospettive opache di una vita da working poor, con finti tirocini, part-time involontario, stage infiniti e altri purgatori a tempo indeterminato. I giovani e il loro sacrosanto diritto a essere parte attiva nella società anche, perché no, seguendo l’eventuale talento "nelle università, nell’editoria, nelle arti, nel teatro, nella musica, nel cinema". I giovani, ancora, che non devono restare confinati dentro anguste "periferie esistenziali", quelle delle disuguaglianze e della precarietà.

"Tanti, troppi giovani sono – mette a fuoco – costretti in lavori precari e malpagati e le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita. Sono piuttosto il freno di ogni prospettiva di crescita". E se è vero che nell’ultimo periodo gli indici di occupazione sono saliti, tante donne restano escluse dal lavoro, e la marginalità femminile costituisce uno dei fattori di rallentamento del nostro sviluppo, "oltre che un segno di ritardo civile, culturale, umano".

Anche stavolta, dunque, il Presidente conferisce un ruolo di primo piano al core business della missione del Paese: portare i giovani dentro condizioni migliori. Dentro "un’Italia più moderna", ove vi siano "parità di condizioni e di opportunità". E in nome di un valore che ripete più volte, quello della dignità, "pietra angolare del nostro impegno, della nostra passione civile", a cui non si può rinunciare, lo Stato deve fare la propria parte. Affinché la modernità sorregga la qualità della vita e un modello sociale aperto, animato da libertà, diritti e solidarietà, occorre "assumere la lotta alle diseguaglianze e alle povertà come asse portante delle politiche pubbliche". La politica, insomma, si assuma i suoi doveri. "Costruire un’Italia più moderna è il nostro compito", avvisa il Presidente. "Rimuovere gli ostacoli" lo è parimenti. La realtà è ancora lontana da quella che si vuole realizzare.