Mercoledì 24 Aprile 2024

Udienze lampo e zero scartoffie Così Torino ha anticipato Draghi

Il governo potrebbe imitare il tribunale modello: in 4 ore chiuse 179 pratiche (una ogni 90 secondi)

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di Viviana Ponchia

Una giustizia civile funzionante favorirebbe una crescita del Pil di circa 1,5 punti e un sensibile aumento degli investimenti stranieri in Italia. Il governo Draghi ha messo la questione fra le priorità. Torino, nel suo piccolo, si è già portata avanti. Il 9 settembre del 2019 in poco più di quattro ore (dalle 8.50 alle 13.10) si sono tenute 179 udienze di separazione consensuale. Novanta secondi per udienza. Un rito di massa taglia-arretrato da record ripetuto da allora una volta al mese. Era l’alba della ’catena di montaggio’ fortissimamente voluta dal presidente del Tribunale Massimo Terzi che, prima a Verbania e poi a Torino, ha fatto dell’efficienza il suo obiettivo. Simona Grabbi, presidente dell’Ordine degli avvocati, conferma che si tratta di un appassionato dell’organizzazione con due notebook sulla scrivania, uno per il civile e uno per il penale: "Quando vede tracce di lavoro ingolfato alla settima sezione, quella di separazioni e divorzi, diventa nervoso e invita a procedere".

L’intuizione ha dato i suoi frutti. La tecnologia ha fatto il resto. Terzi spiega che gli ingredienti base della sua ricetta sono due: sapiente uso di informatica e strumenti telematici e lavoro coordinato di magistrati e avvocati. Un esempio: la prima richiesta viene spedita via computer per consentire agli uffici del tribunale di preparare atti e verbali in anticipo sull’udienza. I modelli sono già pronti, le tracce le scrive lui in persona. Poi si adatta caso per caso. Risultato: niente rinvii e lungaggini, esiti chiari e tempi accettabili.

Il salto di qualità del sistema giustizia italiano sembra segnato anche se qualcuno storce il naso: tutti ammassati come pecore. E la solennità del momento? Terzi possiede anche l’ironia come arma segreta: "Bisogna domandare alla gente se preferisce aspettare mesi per una separazione o sentirsi pecora per qualche ora risolvendo il problema". Ha cominciato subito. In un anno e mezzo è riuscito a smaltire 3 mila cause. Poi ha tenuto le maxi udienze di mantenimento. E l’intuizione sarebbe rimasta tale senza quella che chiama "reimpostazione telematica", traducibile in risparmio di tempo, personale e carta. Nel caso di decisioni affrettate (un minuto e mezzo a udienza è effettivamente poco), nessun problema: "Quando arrivano a quel punto è già tutto fatto – dice – ma se qualcuno ha ripensamenti fermiamo tutto o rinviamo l’udienza. Mi sarà capitato cinque volte su 9 mila cause".

Dolente resta il tasto del settore penale. All’inaugurazione dello scorso anno giudiziario Terzi ha lanciato una provocazione: chiamare un elettrauto. La sua metafora è trasparente: "La macchina della giustizia è un’automobile che, secondo il manuale di costruzione di 30 anni fa, per partire ha bisogno di batteria e alternatore funzionanti. E noi da 30 anni siamo lì riuniti come scienziati di fronte a un’astronave aliena e parliamo di cambiare le gomme, verniciarla di un altro colore, verificare se il serbatoio è pieno". Appena arrivato a Torino disse ai giudici del penale: "Proviamo a cambiare tutto, tanto peggio di così non può andare". Su quel versante c’è ancora molto da fare, ma il civile ha retto bene persino alla pandemia grazie alla consolidata capacità di gestione del processo telematico.

Dietro alla determinazione di Terzi e di chi lotta con lui c’era già il terreno ben seminato da Mario Barbuto, poi arruolato dal Guardasigilli Andrea Orlando e celebrato dalla Banca mondiale. Magistrato schivo, presidente del Tribunale dal gennaio 2001 al settembre 2009, fece dire all’ambasciatore americano John R. Phillips: "Ha applicato alla giustizia tecniche manageriali che potrebbero essere copiate con successo dal resto d’Italia. Perché non lo fate?". Barbuto è riuscito a fare le riforme da solo e costo zero perché si vergognava di doversi pronunciare su processi vecchi di decenni.

La grande marcia cominciò con una domanda banale: per non affogare nei processi meglio partire dalla causa più vecchia o dalla più recente. Prima le vecchie. E nei primi 5 anni l’arretrato a Torino si ridusse del 26% senza spendere un euro in più. La pensata successiva fu di ’targare’ le cause per anno: un colore diverso per ogni fascicolo in modo da stabilire a occhio la gerarchia temporale. Fu più rivoluzionario che mandare a casa gli scansafatiche. Da buon magistrato-manager, Barbuto ha condensato la sua esperienza in un decalogo della buona amministrazione giudiziaria che gronda saggezza. Forse proprio quella sottovalutata dell’elettrauto.

1- continua