Venerdì 8 Agosto 2025
REDAZIONE CRONACA

Toscana ed Emilia Romagna, sorelle diverse. Il rischio di una fusione a freddo

Storia secolare di intrecci e differenze. Unirle sulla carta non basta di Gabriele Canè

L'idea del nuovo Stivale (Rdc)

I CONTI sono presto fatti: 28 anni in Emilia-Romagna, 28 anni in Toscana. Oddio, con qualche sostanziale differenza. Essere nato e cresciuto in un posto (Bologna), e aver abitato e vissuto, per di più con ampie parentesi, in quell’altro (Firenze). Comunque sia, nessun dubbio: chi scrive è il perfetto prototipo di Tosco-Emiliano. 

E pure di Tosco-Romagnolo, non in onore di quella bellissima terra che è la Romagna Toscana, ma di mia madre romagnola, tanto sanguigna e volitiva da sembrare un toscano. Adesso ci parlano delle macro regioni. E il terrore corre lungo la nostra schiena. Visto come funzionano le ...‘micro’... figuriamoci cosa può succedere ad aumentarne la dimensione. Anche se va detto che il progetto del governo sembra rispondere a una certa logica, come del resto faceva quello della Fondazione Agnelli nel 1992. Perché è vero che emiliani e toscani non hanno molti tratti caratteriali comuni. 

QUELLE montagne che li dividono hanno sempre segnato due culture, due panorami. Da una parte, al sud, gli olivi, le colline, l’esplosione di un Rinascimento che sembra rinnovarsi ogni volta che metti piede a Santa Maria Novella. Dall’altra i campi di grano, l’impronta dei ducati e del regno pontificio, la terra grassa e la campagna piatta a perdita d’occhio. Tanto che quando un emiliano parla appunto di campagna pensa a una tavola che scivola fino al Veneto, mentre un toscano dipinge saliscendi e crinali segnati da filari di cipressi. Eppure l’Appennino è un autentico colabrodo. L’uomo non si è mai rassegnato a quella barriera naturale. Del resto, se da Nord volevi andare a Sud, o viceversa, da lì dovevi passare. La via Vandelli, la Francigena, la Direttissima con i suoi treni sbuffanti prima degli Eurostar e dei 37 minuti coast to coast e della Variante di valico ad abattere l’ultimo diaframma. 

Poi gli estemporanei scambi amministrativi. Marradi, a un tiro di schioppo da Faenza, che però sta sotto Firenze che ne dista più di 80. Bagno di Romagna che nel 1923 Mussolini riportò …a casa... ma che odora di Toscana con gli stemmi delle grandi famiglie fiorentine sul palazzo comunale. E che dire allora di quei paesini in cui da un lato della strada il prefisso è 051 (Bo) e dall’altro è 055 (Fi). 

LA PAVANA bilingue di Francesco Guccini. Mille intrecci, mille contatti. Precedenti quasi inediti raccontati ieri da Antonio Patuelli. Da Parma e Reggio in tanti preferiscono il mare di Marina di Massa e di Carrara pur di non spingersi fino al lontano Adriatico. E le ragazze in cerca di marito sapevano che al Forte dei Marmi qualche ricco giovanotto piacentino l’avrebbero certamente trovato. Quanto allo sport, beh il cosiddetto derby dell’Appennino è stato per tanti anni una festosa occasione di incroci gastronomici (bistecca contro tortellino) finché la molotov di un esaltato non ha bruciato un ragazzo e l’occasione di tante belle trasferte.

Del resto, incidenti a parte, niente di stupefacente in queste vicinanze. Ogni regione confina con un’altra, ogni dialetto si scioglie in quello a fianco, ogni strada collega due punti accorciando le distanze tra le persone e le culture. Così di salto in salto non si finirebbe più. Ma quando si parla di macro regioni non è nella dimensione sociale o culturale che ci muoviamo, bensì in quella politica. Di uno stato più leggero che funziona meglio. Allora, nulla contro l’idea tosco-emiliano-romagnola. Però andiamo oltre. Questa regione deve essere veramente macro? Bene, facciamone una sola. La chiamiamo Italia. E proviamo a farla funzionare.

di Gabriele Canè