Giovedì 25 Aprile 2024

Terremoto L'Aquila, la rabbia di una madre: colpa anche delle vittime? Sentenza vomitevole

Il tribunale dell'Aquila in sede civile: "Condotta incauta, i soggetti defunti corresponsabili al 30%". La madre di Ilaria Rambaldi: "Impugneremo il verdetto"

Onna (L'Aquila) in una foto del 2015 (Ansa)

Onna (L'Aquila) in una foto del 2015 (Ansa)

L'Aquila, 12 ottobre 2022 - Una sentenza destinata a far discutere e che mette nero su bianco una "colpa" attribuita alle vittime sotto le macerie del crollo seguito al terremoto dell'Aquila del 2009. Le 24 persone decedute sotto uno stabile in centro, un palazzo di via Campo di Fossa, in quel maledetto 6 aprile non uscirono di casa dopo due scosse molto forti che seguivano uno sciame sismico che durava da mesi. E questo costituisce una "condotta incauta" che porta al "concorso di colpa" delle vittime. Il verdetto è stato emesso in sede civile dal giudice del tribunale dell'Aquila che ha accolto la richiesta di risarcimento dell'Avvocatura di Stato verso i proprietari degli appartamenti del palazzo.  Un verdetto che disegna uno scenario di risarcimento danni dove un 30% di responsabilità, per non aver abbandonato la struttura dopo la scossa, viene addebitato a una parte delle vittime. 

La madre di Ilaria Rambaldi, che perse la vita nel crollo di via Campo di Fossa, ha espresso tutto il suo sconcerto per la sentenza: "Mi viene solo da dire vomitevole. Mia figlia era stata rassicurata come tutti gli altri che erano lì". Maria Grazia Piccinini, avvocato, è anche presidente dell'associazione 'Ilaria Rambaldi Onlus'. "Le persone che sono morte stavano lì perché sicure che non sarebbe successo nulla", rincara. "Erano rassicurate, 'piu' fa scosse più scarica energia... tranquilli ...'. Tant'è vero che dopo seconda scossa, quella dell'una di notte, quando è rientrata Valeria, che stava in casa con Ilaria, le due ragazze si sono guardate in faccia e hanno detto 'vabbé' anche per oggi abbiamo dato', convinte che non sarebbe accaduto più nulla".

Sommario

 

La sentenza

Secondo il verdetto "è fondata l'eccezione di concorso di colpa delle vittime, costituendo obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile". Un "concorso di colpa" che "tenuto conto dell'affidamento che i soggetti poi defunti potevano riporre nella capacità dell'edificio di resistere al sisma per essere lo stesso in cemento armato e rimasto in piedi nel corso dello sciame sismico da mesi in atto, può stimarsi nella misura del 30 per cento". Quindi "ne deriva che la responsabilità per ciascun Ministero è del 15 per cento e per il residuo 40 centro in capo agli eredi del costruttore Del Beato".

La vicenda giudiziaria

Dopo la tragedia gli eredi delle vittime avendo dalla loro parte perizie che attestavano irregolarità in fase di realizzazione dell'immobile e una "grave negligenza del Genio civile nello svolgimento del proprio compito di vigilanza sull'osservanza delle norme poste dalla legge vigente, in tutte le fasi in cui detta vigilanza era prevista", hanno citato in giudizio (per milioni di euro di danni) ministero dell'Interno e ministero delle Infrastrutture e Trasporti per le responsabilità della Prefettura e del Genio Civile per i mancati controlli durante la costruzione, il Comune dell'Aquila per responsabilità analoghe e le eredi del costruttore Del Beato per le responsabilità in fase di costruzione.

I ministeri hanno chiamato in causa il condominio imputandogli una responsabilità oggettiva, cioè senza colpa, ma derivante solo dal fatto di essere proprietario della costruzione. In particolare il tribunale, ha riconosciuto una corresponsabilità dei ragazzi morti pari al 30% perché ha ritenuto siano stati imprudenti a non uscire dopo la seconda scossa, ha condannato i Ministeri e le eredi Del Beato, mentre ha respinto le domande nei confronti del Comune e nei confronti del condominio.

L'inchiesta penale era stata archiviata quasi nell'immediatezza dell'avvio della maxi inchiesta sui crolli (220 quelli definiti) da parte dei pm Alfredo Rossini (ex Procuratore capo) Fabio Picuti e Roberta D'Avolio in quanto i presunti responsabili all'epoca identificati quali indagati, erano deceduti nel corso degli anni. Nella vicenda civilistica, le famiglie delle vittime sono state difese dall'avvocato Luciano Angelone di Sulmona, i Ministeri dall'Avvocatura dello Stato, il Comune dall'avvocato Domenico De Nardis, le eredi Del Beato dall'avvocato Francesco Camerini, il condominio dall'avvocato Luciano dell'Orso.

La rabbia di una madre

La mamma-legale di Ilaria Rambaldi si scaglia contro il verdetto del tribunale dell'Aquila. "È una sentenza che ci ha meravigliato: ma da dove è venuto questo concorso di colpa? Persino la Cassazione ha confermato la condanna per uno dei componente della Commissione Grandi Rischi", commenta Maria Grazia Piccinini. "Come si può oggi dire che i ragazzi dovessero stare fuori quando tutti ricordano certe rassicurazioni? Sconcerta poi che questo giudice che ha già fatto sentenze di risarcimento per il sisma si ricordi di questa cosa solo ora". 

 "La storia è proprio l'opposto, e cioè che questi ragazzi andarono a dormire alle due di notte perché si erano sentiti dire che più 'scossette' c'erano, più energia si scaricava la verità è che furono rassicurati". Il verdetto verrà impugnata in Appello dalla famiglia, conferma l'avvocato. Che ricorda come dopo le vicende della prima sentenza sulla Grandi Rischi, nella quale ci furono tanti condannati, la vicenda si è esaurita legalmente con la Cassazione che ha condannato nel 2016 a 2 anni di reclusione per omicidio colposo e lesioni dell'ex vice capo dipartimento della Protezione civile, Bernardo De Bernardinis.

Nella sentenza della Cassazione si legge che "Esulava dai compiti istituzionali" della commissione Grandi rischi, alla vigilia del terremoto del 6 aprile 2009, "la gestione della comunicazione esterna, affidata in esclusiva all'organo titolare dei compiti di prevenzione", ovvero alla Protezione civile, mentre l'informazione scientifica non si può imprigionare in una "camicia di forza". Non solo: si è trattato di una "scorretta condotta informativa" e una "comunicazione di contenuto inopportunamente e scorrettamente tranquillizzante", ha finito per indurre "taluni destinatari all'abbandono di consuetudini di comportamento autoprotettivo rivelatosi fatale".