Martedì 16 Aprile 2024

Tanti errori ma il Pci lottò per i più deboli

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Francesco

Ghidetti

Equiparare fascismo e comunismo è operazione antica. E antiquata. Perché, è vero: c’era Stalin, c’era Mao, c’era Castro. Ma siamo in Italia e il discorso cambia. Basti pensare alla nostra Costituzione. Certo, meritevole di cambiamenti (tanti, peraltro, ne sono stati fatti), ma che resta una delle migliori del mondo. E sapete chi ebbe un ruolo importante nella sua definizione? I comunisti, il Pci. E se siamo qui a scrivere, ad accapigliarci sulle questioni più varie, lo dobbiamo a quei partigiani (moltissimi comunisti) come ’Dario’, nome di battaglia del comunista livornese Ilio Barontini, il quale, armi in pugno, liberò a Porta Lame la città di Bologna. Basta un buon manuale di scuola.

La bandiera rossa che tanti militanti hanno sventolato era un simbolo di ricerca di una società più giusta. Di eguali. Al netto dei numerosi errori del gruppo dirigente, quella che una volta veniva chiamata ’la base’ ha dato un’impronta fondamentale alla nostra democrazia. I dirigenti del Pci balbettavano, ma furono costretti, sulla spinta della ’Terza Italia’ (socialisti, repubblicani, radicali) a dire "sì" alla conquista di libertà civili che oggi sembrano ovvie e che allora non erano: Statuto dei lavoratori, legge sul divorzio, aborto... Senza i cittadini che aderivano al Partito con la falce e martello avrebbe vinto un’altra Italia. Perché? Ma perché il ’popolo rosso’ (ora scomparso dopo le mille contorsioni dei post comunisti) capiva che libertà ed eguaglianza erano speranze da coltivare. Da praticare. Credeteci: c’è differenza tra Gramsci (la vittima) e Mussolini (il carnefice).