di Beppe
Boni
Dall’incursione dei paracadutisti all’aeroporto di Hostomel che doveva aprire la strada dell’operazione speciale russa verso Kiev, a un conflitto che assomiglia alla guerra di trincea. Al giro di boa di un anno dall’invasione dell’Ucraina (24 febbraio), la sorte del confronto a colpi di missili alle porte dell’Europa è incerta. Parola al generale Giorgio Battisti (foto), artigliere alpino, primo comandante del contingente italiano della missione Isaf in Afghanistan e membro del Comitato atlantico.
Chi è in vantaggio?
"Siamo in una fase di stallo che dopo 12 mesi vede i due contendenti entrambi logorati per perdite umane e materiali. I russi hanno fallito il blitz per raggiungere Kiev un anno fa, gli ucraini con il supporto dell’Occidente riescono a resistere. Oggi è una guerra di posizione".
È possibile una svolta a breve con le nuove armi e l’impegno promesso dal G7 a Kiev?
"È improbabile, credo che il conflitto si allungherà ancora per molti mesi e sarà logorante. E in ogni caso è la strategia complessiva che la determina, non nuove armi che pure sono importanti per Kiev".
Si ipotizza una nuova offensiva russa.
"Putin parlerà alla nazione il 21 febbraio. È probabile che Mosca voglia tentare un’offensiva prima che il disgelo renda il terreno impraticabile per i mezzi pesanti e che l’Occidente fornisca i tank: i Leopard tedeschi, i Challenger inglesi e gli M1 Abrams americani. E i jet F16 il cui arrivo dai Paesi Nato è dato per certo da Dmytro Kuleba, ministro degli esteri ucraino".
I tempi per rendere operativi tank e jet?
"Servono mesi perché i piloti ucraini nel cosiddetto cambio macchina dai Mig 29 di origine sovietica agli F16 occidentali hanno necessità di decine di ore di addestramento. Idem per i tank, dove si passa da tre uomini di equipaggio a quattro con diversa tecnologia. In più va organizzata l’assistenza soprattutto per i jet".
Un esempio?
"Ogni F16 per un’ora di volo ha necessità di 10 ore di manutenzione che gli Usa affidano a contractor privati. I jet sono importanti, ma attenzione, anche i russi dispongono di aerei da combattimento di ultima generazione che tengono pronti all’uso".
Chi provvede alla manutenzione degli altri sistemi d’arma?
"In buona parte sempre l’Occidente. I pezzi di artiglieria semovente Pzh2000, per esempio, sono a carico della Lituania".
Come si è evoluto il conflitto negli armamenti?
"Parlerei piuttosto di fasi. Appena scattata l’invasione di terra Kiev si è difesa soprattutto con armi controcarro leggere, Stinger e Javelin, già fornite da Usa e Gb nel 2014. Sono armi intelligenti che individuano l’obiettivo attraverso la fonte di calore".
E quando il fronte si è ristretto da 2mila a 1.200 chilometri?
"È la seconda fase, dove l’artiglieria è stata messa in campo in modo massiccio. Gli ucraini hanno utilizzato gli M777 statunitensi per controbattere l’artiglieria di Mosca e colpire nelle retrovie. Nella terza fase quando i russi hanno cominciato a usare pesantemente i razzi anche contro obiettivi civili, l’esercito di Kiev si è difeso con i lanciarazzi occidentali teleguidati con Gps, gli Himars e gli Mlrs a lunga gittata per colpire nelle retrovie posti comando, centri logistici e depositi di armi".
È anche la guerra dei droni.
"Sono stati operativi fin dall’inizio poi l’uso si è intensificato in modo esponenziale. Ma per la difesa dell’Ucraina sono fondamentali l’opera di intelligence tecnologica messa a disposizione dall’Occidente, compresi i satelliti privasti di Elon Musk".
Come dire che la Nato individua l’obiettivo e Kiev tira il grilletto.