Mercoledì 24 Aprile 2024

Subito sul ring Il primo round contro Meloni

Raffaele

Marmo

La prima mossa di Elly Schlein come leader del Pd: chiedere le dimissioni del ministro dell’Interno per il naufrago di Cutro. È una mossa obbligata, una sorta di calcio di rigore, ma non per questo priva di rischi di strumentalizzazioni e di effetti-boomerang.

L’immigrazione è e sarà sempre di più uno dei terreni di scontro duro tra il governo di Giorgia Meloni e la nuova leadership del Partito democratico. Lo sarebbe stato anche senza la tragedia calabrese. Ma è evidente che quest’ultima ha fatto da detonatore immediato per la deflagrazione della polemica e per il j’accuse della Schlein al ministro Matteo Piantedosi.

Il punto, però, è che i contorni del dramma sono ancora tutti da definire, come anche le conseguenti responsabilità: e dunque quella della nuova numero uno del Nazareno (ma anche degli altri capi delle opposizioni) rischia di essere un’anticipata sentenza di condanna. Anche se, d’altro canto, le parole del titolare del Viminale non sono state le più giuste per evitare di finire nella bufera mediatica.

Come che sia, se l’obiettivo della Schlein è, però, quello di mettere e tenere sulla graticola la Meloni di fronte all’opinione pubblica, non è detto che l’operazione avviata sia quella più politicamente efficace. Da un lato, come sempre accade in questi casi, la premier non può che blindare Piantedosi. Dall’altro, però, non ha nessun ostacolo a chiedere il pieno accertamento della verità dei fatti. E, dunque, a evitare di finire nell’angolo.

Ma, più di tutto, vale la pena di rammentare che sull’immigrazione, come su altri fronti identitari (a cominciare dai diritti gender), la Schlein può certamente consolidare il consenso nel suo campo, quello della sinistra radicale o grillina, ma difficilmente può pensare di allargarlo. Tanto più che certe uscite possono apparire ad alto tasso di strumentalità di fronte ai 67 morti di Cutro.