Mercoledì 18 Giugno 2025
GILBERTO DONDI
Cronaca

"Mio padre è uno dei Pooh, ma lui non mi riconosce"

Vuole conoscere la sua identità e sapere chi sia il suo vero padre. Per questo Francesca Michelon, 31 anni, ha trascinato in tribunale il batterista dei Pooh, Stefano D’Orazio, avviando un’azione di riconoscimento di paternità. Sarebbe quest’ultimo, secondo il racconto che la madre di Francesca le avrebbe fatto una decina di anni fa, il suo vero papà. A detta della donna, Oriana Bolletta, la figlia è il frutto di una relazione sentimentale di alcuni mesi da lei intrecciata con D’Orazio. Tutte bugie per il musicista. Che parte al contrattacco: fra lui e la Bolletta ci furono solo due incontri fugaci, di cui uno nell’84. Difficile, è la tesi della difesa di D’Orazio, che da quel singolo rapporto possa aver avuto origine Francesca.

Stefano D'Orazio in concerto con i Pooh (Lapresse)

Roma, 9 gennaio 2017 - «La molla che mi ha spinto ad agire è stata vedere Stefano D’Orazio rammaricarsi sui giornali e in televisione di non aver avuto figli. L’ha fatto ripetutamente e per me è stato devastante, perché l’ho trovata una cattiveria gratuita. Ho pensato che fosse un messaggio per me, solo per ferirmi. In quel momento ho deciso di intraprendere l’azione legale, per ottenere un riscatto a livello morale».

Francesca Michelon, grafica pubblicitaria di 31 anni residente a Roma, ha avviato un’azione di riconoscimento di paternità davanti al tribunale di Marsala nei confronti del batterista dei Pooh Stefano D’Orazio, residente a Pantelleria. Il processo, dopo il rifiuto del musicista di sottoporsi al test del Dna, è entrato nelle fasi finali. Nel frattempo Francesca, assistita dagli avvocati Francesca Ursoleo, Luca Pozzolini e Francesco Stefanelli, è stata prosciolta da un altro giudice, quello di Venezia, dall’accusa di falso nata dalla denuncia dei legali di D’Orazio. Un’accusa ritenuta dal gip insussistente.

Francesca Michelon e Stefano D'Orazio
Francesca Michelon e Stefano D'Orazio

Come e quando ha saputo che suo padre era D’Orazio?

«L’ho scoperto nel 2006. Alcuni amici mi avevano fatto notare la forte somiglianza fra me e D’Orazio e io, scherzosamente, ne parlai a mia madre Oriana. Lei allora mi confessò di getto la verità. Fu uno choc. Mi raccontò che nell’83-’84, in un periodo di crisi fra mia mamma e quello che ho sempre creduto essere mio padre, Diego Michelon, ex tecnico del suono dei Pooh, lei ebbe una relazione con D’Orazio».

Lei allora cosa fece?

«Incontrai D’Orazio. Fu lui a chiedere di vedermi dopo che mia madre lo contattò. Successe nel novembre 2006, in un hotel di Padova, poiché allora abitavo a Jesolo».

Come andò l’incontro?

«Lui era palesemente imbarazzato, io gli dissi di stare tranquillo, che volevo solo conoscerlo e non lo incolpavo di nulla. Mia madre mi aveva raccontato che era stato lui a troncare la relazione quando aveva saputo che era incinta, ma io non gliene ho mai fatto una colpa. Piano piano lo misi a suo agio e si sciolse. Mi raccontò la sua vita, i concerti, la musica».

Poi?

«Ci rivedemmo a dicembre, a Roma. Poi ci furono altri incontri, mi accompagnò anche a vedere la casa che poi presi in affitto nella capitale. Era gentile, disponibile, si informava su ciò che facevo. Insomma, credevo stesse nascendo un rapporto. Invece...».

Invece?

«Invece dopo un anno dal primo contatto scomparve. Senza un motivo né una parola. L’ultima volta che lo sentii fu ad agosto 2007, per telefono. Mi disse che era impegnato con i concerti e che ci saremmo rivisti a settembre, con più calma. Da allora non ha più risposto alle mie telefonate né mi ha più voluto vedere».

E lei cosa ha fatto?

«Ogni tanto lo cercavo, anche solo per fargli gli auguri a Natale o Pasqua. Ma niente. Ho pensato di non essergli piaciuta e probabilmente me ne sarei fatta una ragione. Poi, un giorno, l’ho visto dispiacersi in tv di non aver mai avuto figli. Cosa che ha ripetuto altre volte. Dopo tutto quello che c’era stato, per me sono state come coltellate. Perché dire quelle cose? Solo per ferire i miei sentimenti? Ho pensato in quel momento che non era giusto lasciar perdere. Così ho avviato la causa. Lo dovevo a me stessa e alla verità».