Mercoledì 8 Maggio 2024

Soumahoro, le coop e i migranti. Arrestate moglie e suocera. I giudici: sistema fraudolento

Inchiesta a Latina sul business dell’accoglienza, ai domiciliari le parenti del parlamentare di sinistra. Soldi usati anche per aprire un ristorante in Rwanda. Il deputato (non indagato): privacy per mio figlio.

Soumahoro, le coop e i migranti. Arrestate moglie e suocera. I giudici: sistema fraudolento

Soumahoro, le coop e i migranti. Arrestate moglie e suocera. I giudici: sistema fraudolento

Continua a dichiararsi innocente e a chiedere "privacy" per suo figlio Aboubakar Soumahoro, eletto alla Camera con Alleanza Verdi e Sinistra e oggi al gruppo misto dopo essere stato scaricato dal partito. Ieri un nuovo colpo di scena nella vicenda giudiziaria che vede coinvolta quasi la sua intera famiglia e che ha visto l’arresto di Marie Therese Mukamatsindo e Liliane Murekatete, rispettivamente suocera e moglie del deputato, ma sarebbero coinvolti anche altri due fratellastri di Murekatete, Richard Mutangana – per il quale è stato disposto l’obbligo di dimora – e Michel Rukundo. A tutti loro vengono contestati, a vario titolo, i reati di frode in pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio. La Guardia di Finanza di Latina, che conduce le indagini sul territorio pontino, ha provveduto a sequestrare conti correnti e beni reali per circa 2 milioni di euro, di cui 1 milione di euro è contestato a Murekatete.

Una vicenda imbarazzante, quella di Soumahoro per Sinistra Italiana anche se, ad oggi, il deputato, volto simbolo dei rossoverdi, risulta estraneo all’inchiesta che ha al centro un fiume di denaro pubblico ‘dirottato’ all’estero e non utilizzato per le strutture destinate all’assistenza di migranti e dei minori non accompagnati. Oltre 28 milioni di euro arrivati dalle casse statali in cinque anni, dal 2017 al 2022, che solo in minima parte è stato impiegato per migliorare le aree di accoglienza dove, invece, mancava tutto: alloggi fatiscenti con riscaldamento assente e condizioni igieniche precarie tanto che gli ospiti erano costretti a vivere, in base a quanto affermano gli inquirenti, "in condizioni offensive dei diritti e della dignità degli uomini e delle donne".

È il sistema nella gestione dei fondi delle cooperative dei familiari di Soumahoro, a cui vengono contestati, a titolo diverso, i reati di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) e autoriciclaggio. "Prendo atto della misura applicata a mia moglie Liliane, null’altro ho da aggiungere o commentare – ha dichiarato il deputato –, se non che continuo a confidare nella giustizia. Ribadisco, come è agli atti, la mia totale estraneità a tutto e chiedo nuovamente di rispettare la privacy di mio figlio".

Nell’ordinanza di oltre 150 pagine il gip ricostruisce quello che definisce "un collaudato sistema fraudolento fondato sull’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti e altri costi inesistenti, adoperati dalla Karibu nelle dichiarazioni dal 2015 al 2019". Una struttura "delinquenziale organizzata a livello familiare che negli anni (almeno dal 2017 in poi) non ha fatto nient’altro rispetto all’attività criminale oggetto delle imputazioni". Dall’esame della corrispondenza mail coi collaboratori, tutto era gestito da Murekatete che "autorizza pagamenti, organizza incontri istituzionali finalizzati – scrive il gip – a trovare nuovi sbocchi lavorativi per la cooperativa". Per il giudice le "condotte risultano volontarie e consapevolmente mirate a un risparmio di spesa (e successiva distrazione) dei fondi pubblici percepiti; buona parte del denaro ricevuto non è stato adoperato per le finalità preposte".

Una parte dei fondi – circa 500mila euro – è stata trasferita in Rwanda, Belgio e Portogallo e reimpiegata in attività imprenditoriali estranee rispetto alle "finalità di assistenza e gestione in Italia dei migranti e richiedenti asilo", per l’acquisto di gioielli, capi firmati, soggiorni in alberghi, ristoranti e centri estetici. Uno degli indagati "ha potuto disporre, a suo piacimento, delle risorse pubbliche, trasferendo ingenti risorse di denaro a favore di se stesso oltreché verso l’estero e in particolare in Rwanda dove lo stesso ha avviato prima l’apertura di un supermercato e poi di un ristorante sotto l’insegna “Gusto Italiano“". Gli indagati hanno tentato di disfarsi delle prove: parte della documentazione cartacea è stata infatti trovata nella raccolta differenziata.