Domenica 8 Giugno 2025
REDAZIONE CRONACA

SIGNORE IN NERO / Bruzzone: "Criminologa votata alle sfide"

di LORENZO SANI

La criminologa Roberta Bruzzone

CRIMINOLOGA e CRIMINALISTA. E chi conosce la differenza alzi la mano. Ma anche psicologa forense, conduttrice tv, scrittrice, docente, motociclista. È ligure a tal punto da chiamare ancora la spazzatura rumenta, nonostante viva a Roma da 15 anni. Capelli biondi, occhi azzurri penetranti come il luminol del Ris di Parma, fisico da top model, grinta da top gun. «Sono una di quelle persone che lavorano al top quando sono sotto pressione». Non manca certo la pressione nella vita al top di Roberta Bruzzone. Leggenda narra che quando si spalancò la porta blindata del carcere di Taranto e zio Michè vide apparire la statuaria criminologa, ritrovò improvvisamente la memoria. E in zero secondi netti inguaiò moglie e figlia nella tragica vicenda di Avetrana.

Vero o falso? «Le cose sono andate più o meno così. Devo averlo colpito favorevolmente. Purtroppo, poi, il percorso di verità che Michele Misseri aveva intrapreso con la confessione si è interrotto».  Adesso, però, ci pensa l’avvocato Franco Coppi a tirare fuori Cosima e la figlia Sabrina... «Non credo che Coppi possa fare miracoli, l’impianto accusatorio è blindato». Veramente Coppi qualche miracolo all’attivo ce l’avrebbe già... «In effetti dopo l’assoluzione di Berlusconi tutto diventa possibile. Ma col massimo rispetto per la sua professionalità, le accuse nei confronti di Sabrina Misseri e della madre sono solide». Una vittima sulla coscienza lei ce l’ha: il criminologo Francesco Bruno, che lei ha sostituito in tv... «Mi consideri l’evoluzione della specie. Io non ho rubato il posto a nessuno, anche in tv si fanno delle scelte. Credo di avere contribuito a sdoganare la criminologia dalle aule universitarie, grazie alla mia formazione statunitense, soprattutto nell’ambito legato alla scena del crimine. Ritengo anche di avere creato una nuova prospettiva di lavoro, che vede il criminologo come una sorta di coordinatore a 360° dentro l’indagine». L’inizio a Teleroma 56, poi la popolarità a «Porta a Porta». Bruno Vespa è il suo talent scout? «Assolutamente sì». Meglio lei o la Leosini, le signore in nero della tv italiana? «Adoro Franca Leosini. Non provo neppure a compararmi: ha linguaggio televisivo, competenza e professionalità ineguagliabili». I processi si fanno in tribunale o in tv? «Piaccia o non piaccia, si fanno in entrambi i luoghi. Tant’è che diventa fondamentale costruire una buona strategia accusatoria, o difensiva, sia nelle aule giudiziarie sia di fronte alle telecamere». Cogne insegna, insomma? «Per certi versi è l’anno zero». In quella villetta vivevano quattro persone: una è andata a lavorare presto, un’altra a scuola, una terza, poveretta, è morta ammazzata. Ancora oggi in tanti si chiedono chi sia l’assassino. Se quel delitto fosse stato commesso in un palazzo di dieci piani, saremmo ancora nella fase istruttoria? «L’opinione pubblica si è fatta una certa idea perché non conosce i fatti e non ha letto gli atti. Qualcuno ancora oggi è convinto dell’innocenza della Franzoni proprio in virtù di una sapiente strategia mediatica. Casi del genere un po’ spaventano il cittadino che si sente in balìa di una giustizia da lancio del dado». Lei è stata consulente anche del caso Erba. «Esatto. È un’altra vicenda che mi sta molto a cuore, sono andata ferocemente controcorrente». Con quale stato d’animo è andata a un’assemblea condominiale, dopo quell’esperienza? «Non ci vado, delego il mio compagno. Cerco di avere ottimi rapporti coi vicini». Parolisi si nasce o si diventa? «Un po’ e un po’. Certe caratteristiche di personalità che lo hanno portato a fare una scelta così terribile le aveva già, poi la situazione, la vita, le circostanze, gli incontri e le scelte sbagliate hanno creato un imbuto psicologico che ha determinato uno dei più feroci delitti del Dopoguerra». Che cosa spinge, invece, una donna a uccidere? «Se l’obiettivo dell’aggressione è il proprio partner, è l’essere stata a lungo vittima. Una donna può uccidere anche per moventi legati alla sfera affettiva, ma c’è sempre una matrice psicopatologica sullo sfondo. Infine, una donna può arrivare a uccidere per motivi pragmatici, legati a un vantaggio economico. Ma per dieci donne che uccidono, cento vengono ammazzate». È stata agevolata dalla sua avvenenza? «Un conto è la mia carriera televisiva, un altro quella professionale. Sarei ipocrita se non ammettessi che un certo aspetto fisico, grinta e determinazione costituiscono un pacchetto che a livello mediatico funziona. Ma se consideriamo l’attività investigativa, dopo dieci minuti si dimenticano che sono bionda con gli occhi azzurri e alta quasi un metro e ottanta». E che mena pure forte, se è il caso... «Quello lo capiscono subito».