Siena resiste, prove di normalità Ma incombe lo spettro esuberi

La città riprende la sua vita, fra turisti e file ai musei. Rassicurazioni sul marchio (che dovrebbe salvarsi)

Migration

Non aspettatevi proteste in piazza, negozi chiusi, scioperi e barricate. Al contrario, Siena è piena di turisti, anche nel suo secondo anno senza Palio. Ci sono lunghe file ai musei e per entrare in Duomo, ad ammirare il fantastico Pavimento. Tanta gente ai concerti della Chigiana e dell’Estate del Comune. E la miriade di tavolini all’aperto dei ristoranti nel centro storico è costantemente affollata. Capita anche di pranzare a una sedia di distanza da una stella del cinema come Jude Law. Per questo non credete ai resoconti di una ’città isola’ che vive nel terrore di perdere il suo tesoro, visto che il Monte dei Paschi potrebbe essere acquistato da Unicredit.

Siena resta una one company town, come Detroit o Ivrea, ma da tempo ha cercato altre fonti di ricchezza diverse dal Monte. Anche se non è riuscita ancora a trovarne una così ricca e capace di dare lavoro a circa 3mila persone, senza contare l’indotto, in una città che conta meno di 54mila abitanti.

Come tutte le vicende umane, la storia del Monte si snoda su binari paralleli in città. C’è il piano politico, quello che fa più rumore di tutti, dal consigliere comunale al leader nazionale. Il piano dei sindacati Mps, che tutti insieme difendono 21.432 dipendenti del gruppo. "Dal nostro punto di vista, l’ipotesi di acquisizione solo parziale di Mps e non di tutta la banca – hanno scritto i coordinamenti aziendali – non risponde all’esigenza di massima salvaguardia dei livelli occupazionali e di riconoscimento delle professionalità dei 21mila dipendenti. Apriamo un tavolo di confronto con le parti istituzionali. La priorità è di non liquidare il quarto polo bancario italiano, i dipendenti di Mps, i soli cui va il merito della continuità della banca sul mercato, meritano rispetto. L’uscita dello Stato deve avvenire gradualmente".

Gli spettri per Siena sono il numero degli esuberi, la sorte del marchio Monte dei Paschi e il destino della direzione generale. Sono i tre nodi cruciali della trattativa con Unicredit. E sono quelli che interessano di più la città, a tutti i livelli. I politici sono gli unici a parlare ufficialmente. Ma l’aforisma attribuito a Carlo Zini, provveditore Mps negli anni ’80-’90, secondo il quale "se incontri tre persone a Siena uno lavora al Monte dei Paschi, l’altro è pensionato del Monte e il terzo aspira a entrare al Monte", non vale più da tempo.

Questo però non attenua la minaccia di 6-7mila esuberi agitata per bloccare la trattativa con Unicredit. Così come quella, ripetuta anche dal leader della Lega Matteo Salvini tra i tanti, che "le insegne della banca più antica del mondo, che opera dal 1472, non possono spegnersi".

Il marchio Monte dovrebbe rimanere in vita, assieme a una direzione generale più ridotta, con poche centinaia di dipendenti rispetto agli oltre 2mila di oggi. Su questo vertono le speranze di Siena e i pensieri dei montepaschini e dei senesi. Che, a differenza degli altri, sanno che la S del Monte dei Paschi non sta più per "Siena". Oggi sta per "Stato", domani potrebbe sparire o definire un Monte molto più basso di quello di oggi.

Pino Di Blasio