Mercoledì 24 Aprile 2024

Se l’apocalisse torna a essere una possibilità

Gabriele

Cané

La storia racconta che a Jalta, febbraio 1945, Stalin abbia chiesto a Churchill e a Roosevelt: quante divisioni ha il Papa? Faceva il furbo il dittatore sovietico, perché il Papa non ha né divisioni, né servizi segreti. Però ha un’ottima conoscenza dell’animo umano, delle sue debolezze. Della china che il male può prendere. Senza ritorno. E quando Francesco, come all’Angelus di ieri, quasi grida al mondo che "esiste un concreto rischio di escalation nucleare con conseguenze catastrofiche a livello mondiale", non ha informazioni dalla sua intelligence, ma ha chiaro a cosa stiamo andando incontro. "Un minaccia assurda", sottolinea Bergoglio. Vero. Per questo non ci sembra vera. Per questo la nostra vita continua a scorrere in una febbricitante "normalità". Ed è bene che continui a farlo. Con la consapevolezza, però, in ognuno di noi che al "forse può succedere", dobbiamo già togliere il "forse". Finito nel vicolo cieco di una guerra "vinta" con i finti referendum, ma più che balbettante sul terreno, a Putin brucia il bottone rosso tra le dita: l’atomica, una lezione all’Occidente, lo scarpone chiodato sull’Ucraina. Armi a raggio limitato, dicono gli esperti. Probabilmente due, aggiungiamo noi, per fare pari con gli americani, con Hiroshima e Nagasaki.

Ma allora perché non rispondere a Mosca con altre due, sempre tattiche, per carità? E perché non usarne per risolvere storici conflitti come quello tra India e Pakistan, paesi nucleari? Perché non nel mondo intero, rotto ogni tabù? Quante divisioni ha Putin? Molte. E sottomarini. E testate. Non sarà l’amore per il suo popolo a fermare lo Stalin del terzo millennio. E Zelensky non potrà vivere sempre in divisa. Per fermarli speriamo serva la preghiera del Papa. Il sussulto di una Cina affamata di pace commerciale. E la paura che tutto precipiti. Quella che abbiamo noi. E che non possono non avere anche loro.