Lunedì 29 Aprile 2024

Quelli che non scendono dal ring. Nemici, una magnifica ossessione

Trump torna ad attaccare il presidente in carica durante un comizio: "Sta distruggendo gli Usa". Da secoli le rivalità fanno opinione. Dell’antagonista c’è bisogno e quando non c’è si inventa

Donald Trump e Joe Biden

Donald Trump e Joe Biden

I nemici, magnifica ossessione. Cosa sarebbe Peter Pan senza Capitan Uncino, Harry Potter senza Voldemort, Alessandra Mussolini senza uno Sgarbi a cui dare del matto. Quelli che stanno piantati come mulini a vento e agitano le pale apposta per rovinare la linea dell’orizzonte. Che Napoleone voleva vivi perché potessero assistere al suo trionfo. Tormento e contrappunto. Specchio infallibile in cui leggere la propria identità. Compagni per sempre.

Trump e Biden, per esempio. Il secondo forse cerca di dimenticare, il primo non può. Al comizio di esordio della post presidenza in Ohio The Donald ha confermato di non essere riuscito a digerire l’avversario che gli ha dato del bugiardo e del clown e a cui ha dato del cretino. "Sta distruggendo il nostro paese. Ha usato il Covid per rubare le elezioni. Nel 2022 ci riprendiamo la Camera e il Senato". E via così, come in una saga in cui nemmeno l’estinzione del contendente garantisce una tregua. Perché i nemici ce li portiamo dentro. E senza di loro saremmo costretti a domandarci chi siamo.

Storicamente il barbaro, l’unno, il tedesco. E su una dimensione orizzontale chi massacra il diritto alla salute e alla scuola, al lavoro e alla pensione. Il bullo di quartiere, il collega saccente, il politico incapace. Fino al virus, che spaventa ma unisce: "Siamo in guerra contro un nemico invisibile", attaccò per primo il presidente Macron. Seguito a ruota dai tweet del nostro Conte: "Mai come adesso l’Italia ha bisogno di essere unita. Sventoliamo orgogliosi il nostro Tricolore. Intoniamo fieri il nostro Inno nazionale". Il nemico consente di essere retorici e spietati. "Se Hitler invadesse l’inferno io farei quanto meno un rapporto favorevole al diavolo alla Camera dei Comuni". Per Churchill era un ragione di vita. Come Berlusconi per Travaglio, Gambadilegno per Topolino. Ciascuno ha la sua nemesi (o se la va a cercare). Per Superman è Lex Luthor, per i Fantastici Quattro il Dottor Destino. Non il nemico più potente ma quello che precisa e definisce il carattere dell’eroe: Batman è cupo, Joker uccide con una risata. E Spider Man deve vedersela con un miliardario folle travestito da folletto.

Aldo Moro nel 1969 elaborò in contrapposizione al concetto di "strategia della tensione" quello di "strategia dell’attenzione". Voleva il dialogo, arrivò il compromesso storico. La fine è nota. Il vignettista Staino invitava a non essere ossessionati dal nemico perché poi l’unico obiettivo diventa costruire una forca: "Se mitizzi il cinismo, quel che ti resta è integralismo. Quando l’unico elemento che ti fa sentire un uomo di sinistra è distruggere Berlusconi o mandarlo in galera, allora mi preoccupo". Bisogna rassegnarsi, avvertiva l’esistenzialista Jean Paul Sartre, un nemico spunta sempre perché gli uomini proiettano sugli altri significati che garantiscono l’inevitabile scontro frontale.

Ma cosa fare se il nemico non c’è? Si inventa, rispondeva Hannah Arendt con un occhio alla Germania nazista e l’altro allo stalinismo. Nel saggio "Costruire il nemico e altri scritti occasionali" Umberto Eco dava le istruzioni per farlo bene almeno a livello letterario: un degno avversario deve avere qualcosa di vulnerabile (Voldemort all’inizio è ai suoi minimi storici), calibrarsi sulle qualità migliori dell’eroe (Il professor Moriarty dà del filo da torcere a Sherlock Holmes), essere fisicamente imperfetto. A Capitan Uncino manca una mano, la Regina di cuori di Alice ha la testa enorme. Capito il trucco diventa facile: di brutti e puzzolenti purtroppo se ne trovano a ogni angolo di strada.