Venerdì 26 Aprile 2024

Fronda anti Bergoglio, ora nel mirino c'è il Sinodo sui giovani

L'arcivescovo di Filadelfia, tra i delegati statunitensi all'assise, chiede l'annullamento del summit: "Troppi scandali hot, non siamo credibili sul tema". Altri due vescovi conservatori invocano un'assemblea episcopale straordinaria sugli abusi sessuali dei preti. Sullo sfondo lo scontro sull'omosessualità

Papa Francesco sotto attacco dei conservatori

Papa Francesco sotto attacco dei conservatori

Filadelfia, 1 settembre 2018 - Alla luce della crisi degli abusi sessuali nella Chiesa, “papa Francesco cancelli il Sinodo dei giovani. I vescovi al momento non hanno alcuna credibilità per affrontare la questione”. Fa discutere la lettera inviata al Pontefice dall’arcivescovo di Filadelfia, Charles Chaput, con la quale si chiede l’annullamento dell’assise episcopale che, dal 3 al 28 ottobre prossimi, è chiamata a discutere di fede e discernimento vocazionale con riguardo alle nuove generazioni. Per il presule americano, nelle cui parole si coglie l'eco della recente pubblicazione del report sui preti pedofili in Pennsylvania (secondo l’accusa, un migliaio di minorenni abusati negli ultimi 70 anni e più di 300 presbiteri coinvolti, ma con i casi post 2002 ridotti al lumicino), sarebbe più opportuno, al posto di un confronto sui giovani, un summit "sulla vita dei vescovi e la loro responsabilità".

La richiesta di Chaput arriva a stretto giro (anche se non si conosce la data della lettera) dalla diffusione del dossier Viganò circa le accuse di abusi omosessuali (su seminaristi e preti adulti) commessi dall’ex cardinale Thedore McCarrick, 88 anni. In quel memoriale finisce sotto tiro addirittura papa Bergoglio (se ne invocano le dimissioni) in quanto avrebbe ignorato le sanzioni a carico del presule statunitense (niente messa in pubblico, nessuna partecipazione a conferenze, vita riservata), decise, stando al racconto dell'ex nunzio apostolico d'Oltreoceano, a cavallo fra il 2009 e il 2010, da Benedetto XVI. Punizioni, tuttavia, non confermate da nessun altro prelato, men che meno da Ratzinger che anzi ha smentito qualsiasi tipo di convalida del testo. 

Il giallo delle restrizioni a McCarrick resta anche dopo le precisazioni di Viganò, rilasciate ieri al sito amico 'Lifesitenews': "Come nunzio apostolico negli Stati Uniti non ero nella posizione di rafforzare le misure contro McCarrick", soprattutto perché "gli erano state imposte in forma privata". Così, ha chiosato il grande accusatore di Francesco, aveva deciso Benedetto XVI, "forse per il fatto che l'arcivescovo era già in pensione". Certo è che McCarrick "non obbedì alle sanzioni". 

A questo punto, però, non è semplice capire l'affondo mosso da Viganò al Papa in carica: se le misure inflitte da Ratzinger erano riservate e non venivano fatte rispettare neanche da chi le aveva emesse, anche premesse la sussistenza delle stesse e la loro conoscenza da parte del Pontefice argentino, al massimo Bergoglio, dal suo avvento nel 2013 sul soglio di Pietro, può aver semplicemente lasciato tutto come era, complice l'età avanzata di McCarrick e il rispetto nutrito per la valutazione del caso data dal suo predecessore. Questo almeno fino a qualche settimana fa, quando, dopo l'emergere di primi dati certi su una violenza sessuale ai danni di un minore, il Pontefice ha estromesso (urbi et orbi) dal collegio cardinalizio l'arcivescovo emerito di Washington. Un atto senza precedenti nella storia della Chiesa. 

Sanzioni vere o presunte, il dossier Viganò sta raccogliendo non pochi favori Oltreoceano. Vuoi perché, oltre a Mc Carrick, sono tirati in ballo una serie di alti prelati (i veri bersagli dell'ex nunzio negli Usa), per lo piú a stelle e strisce (i cardinali Blase Cupich e Joseph Tobin, più il vescovo Robert McElroy), accusati di essere gay friendly; vuoi perché negli States da tempo monta la protesta antibergogliana di potenti settori ultraconservatori (‘Ewtn’, ‘National catholic register’ e ‘Lifesitenews’ i megafoni principali), in agitazione per un presunto sovvertimento della dottrina sulla famiglia, in particolare sull’omosessualità. 

Entro questa corrente di pensiero si inserisce anche lo stesso arcivescovo Chaput, tra i più critici col nuovo corso vaticano. Un paio di anni fa non esitò a bocciare l’esortazione apostolica del Papa sulla famiglia, ‘Amoris laetitia’, laddove apre all’Eucarestia per i divorziati risposati, previo discernimento caso per caso. Il religioso francescano, primo pellerossa a scalare le alte sfere della Gerarchia americana, viene citato nel dossier Viganò: il diplomatico varesino riferisce di una conversazione con papa Bergoglio, avvenuta nel 2013, in cui  quest’ultimo avrebbe affermato che "i vescovi Usa non devono essere ideologizzati. Non devono essere di destra come l’arcivescovo di Filadelfia”. Difficile pensare che Chaput, tra i primi a considerare credibile il memoriale choc, abbia preso bene la puntualizzazione attribuita al Pontefice. Ma al presule va riconosciuta la franchezza. Non è certo il tipo che le manda a dire. E non da oggi.

Sta di fatto che la sua istanza sull’opportunità di cancellare il Sinodo (qualche giorno fa l’aveva anticipata durante un summit per seminaristi e laici) acquista un peso non indifferente, se si considera che il nome di Chaput compare nella cinquina dei delegati all’assise scelta dalla Conferenza episcopale statunitense, una delle più insofferenti dinnanzi alla svolta pastorale impressa da Francesco. Gli altri quattro padri sinodali sono: il presidente dell’episcopato Usa, il cardinale italo americano di Houston, Daniel Di Nardo, che sul caso Viganò ha invitato l’ex nunzio a tirare fuori le prove ma ha preferito tacere sull'inedita richiesta di dimissioni del Pontefice; il vice presidente José Gomez, ordinario di Los Angeles e legato all’Opus Dei; il vescovo di Bridgeport, Frank Caggiano; l’ausiliare di Los Angeles, Robert Barron, fondatore dell’associazione apologetica ‘Word on fire’ per una presenza forte del messaggio cristiano nella società. In definitiva quattro nomine di destra, bilanciate, in qualche modo, da Bergoglio che tra i suoi delegati ha inserito il cardinale liberal Tobin. 

Per il momento nessuno degli altri rappresentanti americani al Sinodo ha fatto propria la richiesta di Chaput. Opportunità o convinzione? Diverso il caso del vescovo di Dallas, Edward Burns, che, come riporta la tv repubblicana ‘Fox’, sulla scorta del dossier Viganò, ha preso carta e penna e scritto al Papa, chiedendo la convocazione di un Sinodo straordinario sugli abusi sessuali nel clero ed eventuali coperture. In Europa è il vescovo inglese di Portsmouth, Philip Egan, vicino a Comunione e liberazione, ad avanzare un'analoga richiesta. 

Il timore dei settori pro Bergoglio è che dietro a queste istanze si nasconda una mossa politica per indebolire ulteriormente il pontificato argentino. Anche perché, a essere puntuali, già nell’Instrumentum laboris del Sinodo sui giovani si parla, per esempio, della piaga della pedofilia, quella che piú agita l'opinione pubblica nel clero. Nel documento la si inquadra come uno dei fenomeni che mina fortemente la credibilità della Chiesa agli occhi dei millenials. Ergo, un dibattito ad hoc fra i vescovi è possibile già di per sé. A patto che in verità non si voglia allargare il focus e concentrarsi per lo piú su altri abusi sessuali commessi dai chierici, vincolati al celibato. I rapporti omosessuali sono i primi indiziati. Il dossier Viganò insegna.