"Le statistiche statunitensi sugli stalker in carcere sono chiare: la metà ha una diagnosi psichiatrica". Liliana Dell’Osso, ordinario a Pisa e presidente dei professori universitari di psichiatria italiani, non è stupita dalla recidiva dello stalker della pallavolista Alessia Orro.
Perché neppure le condanne penali frenano gli stalker?
"In assenza di diagnosi precoci, di supporto specialistico o di trattamenti farmacologici, lo stalker resta prigioniero della propria polarizzazione ideativa e di totale mancanza di empatia: soffre di disturbi della comunicazione e non decodifica le emozioni degli altri. Non solo, se si sente rifiutato, non ne attribuisce la responsabilità alla persona ’bersaglio’, ma a figure esterne o a dinamiche immaginarie. È un circolo ossessivo e vizioso: per lo stalker e per la vittima".
L’identikit dello stalker?
"Uomo nell’87% dei casi, con storia di delusioni sentimentali; donna nel 13%. Per entrambi: età media 30 anni; cultura, tenore di vita e intelligenza medio-alta; storia di disturbi psichici. Lo stalker agisce soprattutto contro le donne, mentre le vittime delle stalker sono al 53% gli uomini e al 47% le donne. L’uomo pedina. La donna telefona o scrive".
Chi fosse oggetto di comportamenti molesti o indesiderati, quali strumenti ha per compiere una valutazione autonoma?
"È vittima di stalking il soggetto che per un periodo di più di due settimane è oggetto di tentativi persistenti e ripetuti di imposizione di comportamenti per comunicazioni eo contatti non desiderati che inducono stress o paura. Ma nel dubbio è sempre meglio denunciare".
g. ros.