di Giovanni Panettiere Se l’argine contro l’avanzata della variante Omicron sta reggendo, lo dobbiamo alla dedizione del personale sanitario – in deficit di ferie e piegato dagli straordinari – e all’efficacia dei vaccini. Non certo al potenziamento del sistema ospedaliero, tanto decantato dai governi che si sono succeduti nell’ultimo biennio e dai presidenti di regione. I conti sui posti letto in aggiunta nelle terapie intensive non tornano, se non sulla carta, come denunciano le sigle dei medici ospedalieri e degli anestesisti rianimatori. In realtà spesso sono lettini operatori trasformati in tutta fretta per fronteggiare le criticità. Secondo Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) in Italia ci sono circa 9.100 posti in rianimazione. Un dato di primo acchito in sensibile incremento rispetto ai 5.200 disponibili nel periodo ante Covid. Poco meno di 4mila letti ’creati’ in due anni con interventi delle autorità centrali e regionali. Il problema è che quei numeri sono gonfiati. Stando all’Anaao, il sindacato dei camici bianchi operativi nei nosocomi, e all’Aaroi, la sigla degli anestesisti rianimatori ospedalieri, i posti effettivi non superano gli 8mila. Ballano mille letti. "Che cosa ci sia dietro è presto detto – incalza Carlo Palermo, segretario dell’Anaao –, le cifre ufficiali tengono conto anche di una quota consistente di postazioni attivabili, non già attive quindi, nel giro di 48 ore. Lettini operatori o di subintensiva che diventano ’per magia’ delle rianimazioni senza che, però, ci siano anestesisti e infermieri in più". Il personale resta sempre quello. A organico ridotto. "Dal 2009 al 2019 le politiche di risparmio sulla sanità pubblica ci hanno privato di 50mila operatori sanitari – snocciola i numeri –, oggi in corsia dovremmo avere almeno 15mila medici in più per fronteggiare il Covid. E, invece, ci guardiamo in faccia e siamo sempre gli stessi". Il sistema dei posti letto attivabili ...
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