Giovedì 25 Aprile 2024

Mosca in ritirata Le bandiere ucraine sventolano a Kherson "Giornata storica"

Esulta Zelensky. Ma il Cremlino avverte: "La città resta nostra"

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È la svolta che Kiev aspettava, la sconfitta che Mosca temeva. Kherson è "nostra", esulta Zelensky. La città è libera, il ritiro degli occupanti russi "è stato completato". Dopo giorni di timori e incertezze, finalmente l’Ucraina si riconosce "un’importante vittoria" mentre le sue truppe entrano in città accolte da uomini, donne e bambini in festa che sventolano le bandiere gialle e blu gridando ‘Morte al nemico’ e ‘Gloria all’Ucraina’. Clacson, caroselli di auto, soldati sollevati dalla folla, grida di gioia, abbracci, lacrime.

Il cielo grigio non rende giustizia a una città che è raggiante. La bandiera sventola nella centrale Piazza della Libertà, dove i militari ucraini sono gli eroi con cui farsi un selfie. Una foto per ricordare una giornata che resterà impressa nella memoria di questa guerra e dell’Ucraina per decenni. "Una giornata storica", l’ha definita il presidente Zelensky, sottolineando come il popolo non abbia mai perso la speranza.

Certo si temono ancora le mine e anche i soldati russi nascosti tra la popolazione, vestiti in abiti civili dopo l’abbandono degli invasori. L’ordine impartito dalle forze di Kiev è di "arrendersi immediatamente", perché "ogni soldato russo che resisterà sarà eliminato". Perché se nella città liberata e in tutta l’Ucraina si festeggia, il conflitto è tutt’altro che finito. A ricordarlo sono le fotografie che mostrano la desolazione dei villaggi abbandonati dai russi nella regione, dove continua l’avanzata delle truppe di Kiev.

Kherson è stato il primo grande centro urbano a cadere dopo che in quel cupo 24 febbraio Vladimir Putin ordinò alle truppe russe di entrare in Ucraina. La sua riconquista è un colpo politico e simbolico proprio allo zar e apre la porta per le forze ucraine verso l’intera regione di

Kherson – tra le quattro annesse dalla Russia a settembre –. con accesso sia al Mar Nero a ovest che al Mar d’Azov a est.

Il Cremlino da parte sua sdrammatizza, dicendo che Kherson rimarrà in ogni caso parte della Russia, anche dopo il ritiro delle oltre 30mila truppe sulla sponda est del fiume Dnipro. E sottolineando che l’abbandono della città non è affatto "un’umiliazione". Ma propaganda a parte, la liberazione del capoluogo cambia le carte in tavola e aumenta le tensioni anche sul fronte diplomatico.