Lunedì 29 Aprile 2024

Ucraina, l'esperto: "Modello Corea? Equilibrio precario. D'ora in poi nulla come prima"

Parsi, esperto di relazioni internazionali: l’Occidente non può più essere vulnerabile nel rapporto con la Russia

Una donna cammina tra le fiamme a Kharkiv (Ansa)

Una donna cammina tra le fiamme a Kharkiv (Ansa)

Il modello coreano con due Ucraine? "Può essere l’assetto più realistico, ma come risultato provvisorio di un cessate il fuoco, non come stabilizzazione della separazione come in Corea". L’Europa, gli Usa, la Russia, la Cina nel post-guerra? "Niente tornerà come prima: il rischio politico sarà la priorità rispetto alle convenienze economiche". E’ secco e asciutto Vittorio Emanuele Parsi, professore ordinario di Relazioni internazionali alla Cattolica di Milano e autore del recentissimo "Titanic – Naufragio o cambio di rotta per l’ordine liberale" (Il Mulino).

La Ue si scopre piena di spie russe. Torna il clima da Guerra fredda

Dunque professore, chi evoca una soluzione coreana stabile non fa i conti con la realtà?

"Se la si intende in una prospettiva strutturale non si tiene conto di una serie di fatti. Il riconoscimento dell’indipendenza, ovvero dell’annessione alla Russia delle repubbliche secessioniste, con altre aree intorno e con il Mar d’Azov, non sarebbe accettabile oggi come oggi dagli Ucraini, che, anzi, cominciano a pensare di poter vincere e non sono disposti a riconoscere mutilazioni territoriali permanenti. Nel ’53 in Corea, al contrario, con l’armistizio fu ripristinato lo status quo ante che corrispondeva allo stato di fatto nel contesto della Guerra Fredda e con le due superpotenze garanti".

Oggi non ci potrebbero essere Stati garanti? Anche Zelensky li evoca.

"Una soluzione coreana stabile significherebbe che l’Ucraina dovrebbe diventare un alleato di ferro degli Usa, ma i russi non lo accettereebbero. E quando Zelensky parla di Paesi garanti si riferisce a un’Ucraina unita".

In che senso, allora, si può ipotizzare una via d’uscita?

"Per una soluzione realistica vanno divise due fasi. Nella prima i russi chiudono la campagna nell’Est conseguendo quel minimo di collegamento tra i “loro territori” che li rende disposti a offrire un cessate il fuoco. Da quel momento in avanti si cerca di lavorare senza grandi illusioni, ma con un assetto provvisorio che gli ucraini potrebbero accettare per riarmarsi, ma senza una stabilizzazione della situazione di medio-lungo periodo".

Vede un futuro precario anche per i rapporti tra Stati Uniti, Europa, Russia, e Cina?

"La guerra è un punto di svolta. Non credo che le relazioni siano destinate a ricomporsi. Niente tornerà come prima. Questa guerra ha dimostrato che l’amministrazione Putin è inaffidabile sulle promesse e sulla sua non-pericolosità. I governi europei sono, di conseguenza, determinati a muoversi verso una maggiore sicurezza strategica, perché non possono accettare la precedente situazione di vulnerabilità economica, energetica e militare così forte nei confronti di un Paese così aggressivo ai nostri confini".

Torna la Guerra Fredda?

"No, però, non ci si esporrà più a rischi inutili. E così come si stanno razionalizzando le catene del valore correlate alla pandemia, allo stesso modo ci sarà una razionalizzazione delle catene del valore delle filiere energetica, alimentare, militare, per raggiungere tra Paesi alleati adeguati livelli di autonomia".

Finisce la globalizzazione?

"Non passeremo da un modello iper-globalista a uno autarchico, ma la valutazione del rischio politico sarà quantomeno da considerare allo stesso grado della convenienza economica".

Siamo pronti, come italiani, a affrontare questo tornante?

"Noi italiani facciamo fatica a capire la complessità. Ci piacciono le parole d’ordine che fanno gli sconti: Più Europa, Ce la faremo, No alla guerra, Ne usciremo migliori. Ma così è facile. E poi, però, succede che esci dai Mondiali contro la Macedonia del Nord, dopo che sei uscito contro la Svezia. E la prossima volta uscirai anche contro San Marino".