Giovedì 25 Aprile 2024

Coronavirus e messe vietate, vescovi in pressing: "Il governo ci ripensi"

L'arcivescovo di Chieti si appella ai ministri cattolici nell'esecutivo, perché facciano sentire la loro voce. Ma avverte: "Il laicismo non c'entra, nel decreto solo una grave superficialità". Trattative in corso fra Cei e Palazzo Chigi: si lavora per liturgie feriali e all'aperto giá fra un paio di settimane

Un fedele prega in chiesa con la mascherina

Un fedele prega in chiesa con la mascherina

Roma, 28 aprile 2020 - Non solo rabbia e delusione, per i vescovi è tempo anche di appelli al governo, perché torni sui suoi passi e consenta la celebrazione della messa a porte aperte. All’indomani del decreto, che ha prolungato il divieto per ragioni di salute pubblica, scatenando la reazione della Conferenza episcopale italiana per la quale si è compromessa la libertà di culto, dall’episcopato si levano voci che provano a far breccia fra i distinguo nell’esecutivo. In primo luogo quelli dei ministri renziani Bellanova e Bonetti, i più espliciti nel manifestare la loro consonanza col sentire dei vertici ecclesiali. 

L’arcivescovo di Chieti, Bruno Forte, parla così di "una disattenzione grave da parte dell’esecutivo in violazione dell’articolo 19 della Costituzione e dell’articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea". Tuttavia a chi nel decreto ravvisa l’ultimo atto, il più eclatante, di una deriva laicista nel Paese, il teologo predica cautela: “Non credo si tratti di questo, siamo davanti piuttosto a una certa superficialità alla quale spero si ripari quanto prima. Per questo mi appello agli uomini di governo che vivono la fede cristiana cattolica: facciano valere la loro posizione a nome di milioni di cattolici che desiderano ritornare ai sacramenti. Questi non sono un optional della fede, ne rappresentano un nutrimento fondamentale“.

Le trattative fra Palazzo Chigi e Cei proseguono febbrili. Restano da superare le obiezioni del comitato tecnico scientifico sulla fase 2 dell'emergenza Covid-19. Per i tecnici meglio riprendere l'Eucarestia col popolo dopo il 25 maggio. Non prima, troppi rischi di una recrudescenza dei contagi. Persino i medici cattolici sposano la linea del rigore, stante “la situazione di pericolo reale per la comunità“.

Nelle more del confronto col governo il presidente della Ceu, il cardinale Gualtiero Bassetti, si concede una battutina sugli “scienziati diventati liturgisti“, restando comunque fiducioso sul buon esito delle trattative. Nei sacri palazzi si vocifera di una possibile riapertura del culto partecipato giá fra un paio di settimane. Sul tavolo ci sarebbe l'ipotesi di messe celebrate all'aperto e nei soli giorni feriali. Anche il vescovo antimafia Giancarlo Bregantini, ordinario di Campobasso, vede spiragli:  “In queste settimane la Chiesa è stata capace di attenersi alle direttive del governo in spirito di fraternità. La questione della messa resta sul tavolo e, anche se ci sentiamo confinati in panchina, va perseguito il dialogo. L’esecutivo tornerà sui suoi passi, ne sono certo“.

Toni distensivi che non trovano eco nelle parole di fuoco pronunciate dal vescovo di Ascoli Piceno, Giovanni D’Ercole. Secondo l'ex vice direttore della Sala stampa vaticana “è un diritto per la gente andare in chiesa, per cui è un arbitrio, una dittatura, quella di impedire il culto". Ce ne sarebbe giá abbastanza per alzare il livello di tensione. Anzi no, nel video diffuso su Facebook che ha raccolto decine di like in poche ore, l’invettiva del presule raggiunge l'apice:  “Bisogna che il diritto al culto ce lo date – tuona D'Ercole diretto al governo –,  sennò ce lo prendiamo. E se ce lo prendiamo è solo perché è un nostro diritto“. Più che un vescovo di lotta e di governo, un vescovo di lotta... Al governo, sul fronte della libertà religiosa