Mercoledì 24 Aprile 2024

L’insostenibile carrozzone dei finti pacifisti

Poteva e doveva essere un’occasione, l’Occasione, per far sentire la solidarietà di un intero Paese, espressa al massimo livello della sua rappresentanza, all’Ucraina aggredita e massacrata per mano di un autocrate senza scrupolo. E, in parte, lo è stata. Ma solo in parte.

L’intervento di Zelensky davanti alle Camere riunite, a ben vedere, ha rivelato, infatti, anche l’altro lato della luna: che non è tanto o solo quello, sfacciato e folkloristico, dei filo-Putin non pentiti, ma quello, più sotterraneo e diffuso, della freddezza, della tepidezza, dei distinguo dialettici dei neo-pacifisti di facciata, di andata e di ritorno. A cominciare dai capi della Lega e dei 5 Stelle.

Eppure, una parte cospicua dell’attuale classe politica poteva e doveva cogliere la straordinarietà dell’evento "anche" per farsi "perdonare" la cattiva coscienza e l’aperta complicità avute fino a un mese fa o poco più con lo zar del Cremlino.

Ma, al contrario, in Parlamento e fuori le manifestazioni di taluni leader dei nostri partiti hanno dato segnali ben diversi. Certo, la standing ovation c’è stata. Il serrate i ranghi nelle presenze in aula si è realizzato. Assenti e dissidenti espliciti si contano sulle dita di una mano: e per di più hanno potuto fare ben poche obiezioni rispetto al discorso di Zelensky al punto che sono apparsi addirittura "delusi" dalle sue parole "moderate".

E allora? Allora è bastato che Mario Draghi dicesse quello che, in fondo, sapevamo già e che la stessa maggioranza (estesa a Fratelli d’Italia nel caso specifico) ha approvato, perché tornassero a galla, come un riflesso condizionato, certe pulsioni fintamente pacifiste ma oggettivamente incompatibili con quell’aiuto, anche armato, alla resistenza ucraina che il Parlamento ha sancito poche settimane fa.

E così, con le riserve, i veti, le perplessità, sugli armamenti ai resistenti e sull’aumento della spesa militare, di una fetta consistente dei vertici di Lega e 5 Stelle (Matteo Salvini e Giuseppe Conte, per capirci) si è di nuovo materializzata quella santa alleanza che meno di tre anni fa riceveva in pompa magna l’uomo forte di Mosca a Villa Madama. Tesi e posizioni che non solo non fanno onore a una giornata come quella di ieri, ma che, da un lato, alimentano ulteriori sospetti su passaggi non chiariti degli anni recenti (come la missione russa all’epoca della prima ondata del Coronavirus) e, dall’altro, non corrispondono ai nostri interessi nazionali che mai come ora sono sempre più connessi a quelli della difesa comune europea.