Mercoledì 24 Aprile 2024

Li chiamavano avanzi Basta un po’ di fantasia: e dai resti del cotechino spuntano muffin salati

La lezione anti spreco delle nonne è di moda anche tra gli chef. Per Coldiretti quattro famiglie su cinque riutilizzeranno il cibo rimasto. Abbondano le ricette per salvaguardare ambiente e portafoglio

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di Viviana

Ponchia

Fra la grande abbuffata e la dieta c’è una terra di mezzo in cui si trovavano proprio bene le nonne, meno le nipoti convinte da qualche blog che gli spinaci riscaldati diventano tossici.

È la terra della seconda chance, forse della terza. Quella dove il panettone diventa gelato, tanto è un inverno mite. E la lenticchia risorge in brodo, proprio come gli spiccioli dimenticati in una tasca, di cui in teoria dovrebbe propiziare la moltiplicazione. Il tempo degli avanzi, insomma, temuto dagli schizzinosi ma esaltato con orgoglio dagli chef quando scendono dalle stelle per dare lezioni di umiltà. C’è anche chi non avanza niente e la chiude lì, offeso con la bilancia.

Ma in quattro famiglie su cinque, ci fa sapere Coldiretti, il riciclo del cenone e del pranzo del primo gennaio è quasi un obbligo morale. Mettere tutto in freezer per rianimare all’occorrenza è una soluzione eticamente corretta ma scontata.

Nei primi giorni dell’anno ci vuole uno sforzo di fantasia, il colpo di genio di un celebre cuoco di Kyoto che con le lische di un enorme scorfano riuscì a preparare una cena per otto persone. A tavola non si butta nulla, dicevano le massaie risvegliate dalla penuria della guerra, quelle che con il pane raffermo e il brodo buono tiravano fuori zuppe da paura, specie se si rimediava una crosta di parmigiano.

Ed è la stessa architrave della cucina antispreco di cui è stato un paladino Fabio Picchi, ex studente di Lettere ed ex giornalista, morto lo scorso febbraio, convertito al cibo ripassato prima che diventasse di moda nel suo Cibreo a Firenze.

O ancora la filosofia di Paul Ivic, chef del Tian di Vienna, che dagli scarti inventa nuovi gusti, e dell’ex Golfista James Close, che si è preso due stelle Michelin proprio con l’ossessione di non buttare nemmeno una briciola.

Tutti i grandi cuochi devono avere avuto una nonna che con la verdura avanzata faceva la ratatouille, l’amore per la "traduzione" viene da chi ha fatto di necessità virtù. Hai un tot di piselli, due zucchine, la verza sempre schifata dai ragazzini, due broccoli che rovinerebbero l’atmosfera del frigo? Frulla, unisci la ricotta, un filo d’olio e servi con i crostini. Se vuoi esagerare al posto dei crostini tosta in padella le mandorle del kit frutta secca destinato a durare fino a Pasqua, e poi dimmi.

Negli Stati Uniti lo chef ecostostenibile è corteggiato e carissimo anche se nelle case private continua a finire nel bidone della spazzatura il 25 per cento della spesa. Ma gli italiani, sottolinea Coldiretti, su questo sono avanti. Noi siamo quelli che a tavola guardano la bistecca smozzicata, le patate in esilio e sono già in modalità polpettone.

E quante vite ha una tartare di pesce? C’è un ingrediente che non faccia la sua bella figura dentro la frittata? Per non parlare di quanto sono molto ma molto più buone le lasagne riscaldate o il riso saltato con l’uovo. Douglas McMaster, lo chef definito "zero waste", ha tanto da insegnare a un mondo che nel 2050 dovrà sfamare 10 miliardi di persone (un terzo in sovrappeso, l’11% sottonutrite).

Nel suo menù c’è anche un gelato incredibile fatto con gli scarti del pane e del burro. Un dolce intelligente e poetico: l’ultima portata è costituita dagli scarti della prima.

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