Giovedì 25 Aprile 2024

Legge Zan, il dialogo salta prima d’iniziare

Salvini invita Letta a trovare un accordo ma il leader Pd attacca: "Vuoi solo affossare il testo". Il rischio di franchi tiratori al Senato

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Tra tanti falchi e pure uccelli del malaugurio, sul ddl Zan, la sola colomba che offre ramoscelli d’ulivo è – incredibile a dirsi – il presidente della commissione Giustizia, il senatore leghista Andrea Ostellari. Alla ripresa del dialogo, sul ddl Zan, in pratica ci crede solo lui. "I presidenti dei gruppi di maggioranza – dice – hanno risposto alla richiesta di convocazione di un tavolo di confronto. Vista l’adesione unanime, il tavolo si terrà, come previsto, mercoledì prossimo" è la lieta novella.

Il guaio è che, oltre Ostellari, non ci crede nessun altro al dialogo sul ddl Zan. Giallorossi da una parte e centrodestra dall’altra si preparano all’Armageddon, lo scontro finale, ovviamente in Aula. Prima, il 6 luglio, ci sarà il voto sul calendario: se, cioè, è giusto che il ddl Zan ‘scavalli’ l’esame delle varie commissioni e possa andare in Aula per direttissima, il 13 luglio. Qui si vota a scrutino palese e nessuno prenderà il coraggio a due mani affossando il ddl Zan, tra le fila della ex maggioranza contiana. Dovrebbe finire, a ranghi completi, 168170 a 151 per il sì. Poi, però, il 16, una volta calendarizzato, la vittoria di Pirro rischia di diventare la rotta di Caporetto per il fronte Pd-M5s-LeU. Calderoli ha già pronti una ventina di emendamenti tutti a scrutinio segreto (voti permessi perché il ddl riguarda le libertà individuali) e lì sarà un bagno di sangue. Anche se Iv si schierasse a favore dei rossogialli si contano già decine di franchi tiratori pronti ad affossare il ddl Zan nel segreto dell’urna: 710 di Iv, almeno 5 nel Pd, una decina M5s, due nelle Autonomie, 16 nel Misto. Morale, può finire anche con 170 e rotti no contro 150 e pochi altri sì.

A quel punto sì che il ddl Zan finirebbe seppellito, dovendo tornare alla Camera. Sarebbe per il Pd e per Zan la sconfitta definitiva. Conviene? No, ma la testardaggine di Letta – che ieri ha detto "io non ho mai rifiutato il confronto, e non lo farò neppure con Salvini, ma la Lega vuole solo affossare il ddl, non certo migliorarlo" – è nota e il fronte dei pasdaran non fa ragionare. Le poche voci in dissenso (Fedeli e Valente, vicine alle ragioni delle femministe storiche, e i cattolici Collina, Taricco e pochi altri) sono vox clamans in deserto. Si andrà allo scontro in aula. Solo che, paradossalmente, persino lo stesso Zan sembra temerlo. "Rischiamo di andare sotto", dice il deputato veneto.

Ecco perché lancia un appello alle forze politiche alcune delle quali tentate dalla mediazione: "la mia legge l’abbiamo votata alla Camera, difendiamola al Senato" anche perché "se cominciamo ad aprire dei tavoli dove le proposte della controparte sono quelle di mediare al ribasso o svuotare dobbiamo sempre pensare che una legge contro le discriminazioni è delicata". Zan spera nei dissidenti azzurri, ma sono pochi. E Silvio Berlusconi ha chiarito la linea: "Leggi divisive come il ddl Zan FI non li vota". Salvini, invece, ha vestito i panni del moderato: "Per avviare un dialogo bisogna essere in due. Ho invitato Letta a un incontro per fare un punto sulle riforme. Per ora il dialogo è un monologo. Sicuramente avrà tanti altri impegni, finora non mi ha risposto, ma sono certo che presto lo farà".

Ettore Maria Colombo