Morì falciato da un drogato. Il padre: "Così è nata la legge sull'omicidio stradale"

Parla Stefano Guarnieri, papà di una vittima e delle nuove norme. "Autovelox bloccati da troppe regole, così si tutelano i criminali"

Stefano Guarnieri assieme al figlio Lorenzo, ucciso a 17 anni da un automobilista pirata

Stefano Guarnieri assieme al figlio Lorenzo, ucciso a 17 anni da un automobilista pirata

Roma, 15 ottobre 2019 - Ragazzi che muoiono sulle strade. Ancora genitori che piangono, famiglie distrutte dal dolore. Torna l’incubo delle stragi del sabato sera, le chiamavamo così, no? prima di illuderci che il peggio fosse passato. E invece i numeri raccolti da polizia stradale e carabinieri sono lì, implacabili, a ricordarci che nei primi nove mesi del 2019, le vittime di incidenti stradali avvenuti nel weekend sono stati 620, contro i 588 del 2018, e fra loro 194 erano under 30. Quattro ragazzi sono morti nell’ultimo weekend a Belpasso, in provincia di Catania, mentre tornavano dalla discoteca, così come il 6 ottobre a Rende, in provincia di Cosenza, in un frontale erano morti altri quattro amici, tutti tra i 18 e i 19 anni, mentre una coppia di trentenni era rimasta gravemente ferita. 

E il sabato prima Ferrara aveva dovuto piangere tre ragazzi tra i 21 e i 28 anni, morti nell’auto guidata dall’amico risultato positivo all’alcoltest. Stefano Guarnieri è il padre fiorentino che più di altri è diventato, insieme a sua moglie Stefania, il simbolo dei genitori che si battono per dire basta a tanto inutile dolore: quello che loro stessi hanno provato nel giugno 2010, quando un uomo, ubriaco e drogato, provocò lo scontro nel quale rimase ucciso, a 17 anni, loro figlio Lorenzo. Attraverso l’associazione Lorenzo Guarnieri sono stati il motore del movimento popolare che ha portato alla legge sull’omicidio stradale.

Stefano Guarnieri, siamo di nuovo qui a contare i morti sulle strade. È come essere tornati indietro di anni... Che idea si è fatto?  "Pochi controlli. Soprattutto sulle strade extraurbane, mentre va meglio nei centri urbani, dove agisce la polizia locale, e sulle autostrade, dove c’è la polstrada. E non a caso molti degli incidenti mortali avvengono su strade statali e provinciali, come a Belpasso. In Italia si rischia di essere fermati una volta ogni 40 anni, in Svezia una volta ogni 3 anni. E sì che la Svezia è un Paese liberale, però ha scelto la severità nella prevenzione e nel tempo ha colto i frutti".

Con più controlli diminuirebbero le stragi? "Ridurre i controlli vuol dire sottovalutare le tre principali cause di incidenti mortali: alcol, droga e velocità. I test su droga e alcol vengono fatti solo quando avviene un incidente: che prevenzione è? Andrebbero fatti prima, a campione. E lo stesso vale per la velocità...".

Allude agli autovelox? "La normativa prevede che siano segnalati con i cartelli, quindi servono a poco. In Italia ci sono talmente tante regole che installare le postazioni fisse è quasi impossibile. La legislazione finisce per tutelare chi corre troppo".

Che effetti ha avuto la legge sull’omicidio stradale? "È passato troppo poco tempo dall’entrata in vigore per poter tirare le somme. Di certo, riscontriamo più attenzione nelle indagini quando avvengono i sinistri stradali e aiuta vittime e familiari ad avere un maggiore senso di giustizia e quindi a rientrare nella socialità".

Dalle stragi del sabato sera siamo passati alle sedici ore maledette (quelle che vanno dalle 22 del venerdì alle 6 del sabato e dalle 22 del sabato alle 6 di domenica): il riferimento però è al lasso di tempo in cui i giovani sono maggiormente a rischio, in giro sulle auto fra ballo e sballo. Cosa andrebbe fatto per abbassare questi rischi? "Per me i giovani sono più consapevoli e informati dei rischi rispetto agli adulti. Che spesso vanno in auto come in bici, senza avere la consapevolezza che l’attività più pericolosa che svolgiamo è quella che facciamo in strada".

L’associazione Lorenzo Guarnieri svolge da anni attività di informazione ed educazione nelle scuole. Incontrate tanti ragazzi: vi battete da anni per la loro incolumità. Poi avvengono altri incidenti, altri morti, altre famiglie che piangono: deve essere uno choc ogni volta... "Si prova un senso di sconfitta, sì. Ma chi come noi prova a fare prevenzione, lo mette in conto. Possiamo contare i morti, purtroppo, ma non possiamo contare le vite che abbiamo aiutato a salvare".

E quindi andate avanti senza voltarvi indietro? "Certamente. Noi crediamo che ingegneria della sicurezza, educazione stradale e controlli siano azioni da svolgere in modo combinato. Firenze lo dimostra: dai 22 morti del 2010 siamo scesi a 5 nei primi mesi del 2019. Crediamo che la sicurezza stradale sia interdisciplinare. Giovedì e venerdì per esempio abbiamo un progetto con l’Università di Firenze: trenta studenti di varie facoltà si divideranno su cinque tavoli per studiare proposte e progetti relativi a educazione stradale, infrastrutture, elaborazione dati...".

C’è un consiglio, anche piccolo, che si sentirebbe di dare agli altri genitori per migliorare la sicurezza? "Può sembrare banale, lo so... Ma vi prego fate allacciare le cinture di sicurezza anche a chi siede dietro. È un piccolo gesto che tanti trascurano, eppure è fondamentale".