Mercoledì 24 Aprile 2024

L’effetto Rosatellum La sfida è superare il 45 per cento E incassare la maggioranza dei seggi

È un risiko: i partiti studiano le tendenze nel quadro politico e i nuovi collegi, fondamentali le allean I sondaggi disponibili danno il centrodestra in netto vantaggio. Il nodo dei collegi uninominali

di Ettore Maria Colombo

E dunque, si vota, il 25 settembre, ma la domanda dalle cento pistole è: chi vincerà le elezioni? Secondo tutti i sondaggi (super-media Youtrend), il centrodestra è in nettissimo vantaggio sul centrosinistra: sta al 46,6% (sommando Fd’I-Lega-FI, senza contare i minori, Udc e NcI) contro il centrosinistra fermo al 28%, sommando tutte le sue anime (Pd-Articolo 1-SI-Verdi). Poi, M5s al 10.8%, Azione-+Europa al 4,9%, Iv 2,7% (sommati è 7,6%), Ipf (Di Maio) non quotato. Fanalino di coda, Italexit di Paragone al 2.6%. I problemi che pongono questi sondaggi sono tre.

Come spiega bene un mago di sistemi elettorali, il capogruppo di LeU, Federico Fornaro, "nessun sondaggio conta mai gli astenuti". Il secondo è tutto in capo al dialogo, in corso, tra centrosinistra e centristi. Dato per assodato che il campo largo è defunto, ma anche che la sinistra radicale sta nell’alleanza progressista, è realistico pensare a un accordo?

Il terzo aspetto, non di poco conto, è la legge elettorale. Definito da Enrico Letta "la peggiore legge elettorale della storia", il Rosatellum è un mix di collegi plurinominali proporzionali (il 61% del totale) e un terzo di collegi uninominali maggioritari (vince chi prende un voto in più). In più c’è un 2% di seggi delle circoscrizioni all’Estero, assegnati con metodo proporzionale. Ed è pure un sistema ‘infingardo’, il Rosatellum: può determinare la vittoria di una coalizione (sia che vinca di poco sia di molto) trasformando i consensi in molti più seggi grazie alla sua spinta polarizzante. Ossia la spinta che deriva dai collegi maggioritari uninominali, dalla soglia di sbarramento e dal riparto dei voti delle liste che non arrivano al 3%. I voti delle liste che non arrivano al 3%, ma hanno preso almeno l’1%, vengono infatti ceduti, cioè redistribuiti, ai partiti più grandi: a quelli della loro coalizione, se fanno parte di una coalizione, o, in modo proporzionale, a tutti gli altri. Invece, vengono ‘buttati’. Un ulteriore effetto sui seggi sarà determinato dalla riforma che ha ridotto il numero dei parlamentari da 945 a 600. La riduzione del numero degli eletti amplia a dismisura i collegi elettorali, specie al Senato, dove la ripartizione è su base regionale. In buona sostanza, i collegi sono, oggi, abnormi. Il che rende impossibile conquistarli non solo per chi non ha tanti voti, ma anche per chi, come il centrosinistra, non gode di un voto omogeneo nelle marco-aree del Paese, come il centrodestra, ma se lo ritrova confinato alle sole nelle ztl che, con il taglio, non esistono più. In ogni caso secondo le stime in mano al Pd, i Progressisti da soli potrebbero strappare (parliamo di seggi uninominali), al massimo, 20 collegi, alla Camera e, forse, una decina al Senato. Una vera debacle…

Peggio si sente l’M5s: nel 2018 fece il botto con il 33% dei voti, stavolta i collegi saranno zero perché andrà da solo. Ma vale pure per i centristi: pescano seggi solo nella parte proporzionale. In buona sostanza, allarga le braccia Fornaro, "se una coalizione ottiene il 45-46% dei voti arriva al 58% di seggi, col 48% prende il 62% di seggi". Coalizione, a oggi, con un sol nome: centrodestra.