Mercoledì 24 Aprile 2024

La scomparsa del ministero digitale

Paolo

Giacomin

Nel neonato gabinetto Meloni è sparito il ministero per l’innovazione e la trasformazione digitale e il mnistero per la Transizione ecologica ha subito la metamorfosi in un più ortodosso ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica. Trasformazione digitale e transizione ecologica sono, però, i due pilastri sui quali si fonda il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) in accordo con il piano europeo NextGenerationUe. In ballo ci sono fondi determinanti per il futuro del Paese: il Pnrr complessivamente vale 191,5 miliardi di euro. Il 27% è destinato alla trasformazione digitale: poco più di 7 miliardi, sei dei quali legati a progetti di digitalizzazione della Pubblica amministrazione. Alla rivoluzione verde vanno 69,94 miliardi di euro, pari al pari 37% dei fondi totali messi a disposizione dal Pnrr, dal 2021 al 2026. È evidente che la soppressione di un ministero e il rebranding dell’altro non significa che nessuno si occuperà più dei capitoli del Pnrr collegati: le deleghe saranno opportunamente distribuite. Altrettanto evidente, però, è la scelta di rinunciare a funzioni da direttori d’orchestra che in questi anni hanno svolto Vittorio Colao e Roberto Cingolani.

Le preoccupazioni operative saranno smentite o confermate dai fatti. Il messaggio che sta passando, però, è chiaro: togliere il ministero della Trasformazione digitale e ribattezzare la transizione ecologica crea implicitamente il vuoto attorno a temi cruciali come l’innovazione, i cambiamenti climatici e la sostenibilità. Un silenzio tanto più assordante per un governo che ha incorporato nei ministeri slogan identitari precisi come sicurezza, merito, made in Italy, sovranità alimentare, ma pare avere silenziato il futuro.